IL SETTIMANALE - La conclusione esaltante dei mondiali di calcio di Germania, con la vittoria meritatissima anche se rigorosamente di rigore, ci ha consegnato l’immagine più autentica e genuina del calcio, e dello sport in genere in Italia, dove, da domenica 9 luglio ’06 alle ore 22,40 farà ancora di più i conti con un dilemma e una contraddizione insanabile. Questa esperienza vittoriosa in terra tedesca, che rinnova i fasti della nazionale del Mundial del 1982 regalando all’Italia il suo quarto successo nella storia dei mondiali di calcio, restituisce allo sport nostrano quello che di più genuino e autentico ci dev’essere, che poi è la sua stessa natura: passione, tecnica, spirito di gruppo, sacrificio, dedizione, entusiasmo, spettacolo, desiderio di rivincita e di sfatare vecchi e nuovi luoghi comuni nei confronti dell’Italia e degli italiani.
Da questo punto di vista, diciamoci la verità, il risultato è stato esaltante ed il traguardo è stato pienamente raggiunto in un modo che, mai come adesso, ha visto insieme sia gli atleti direttamente impegnati che l’intero Paese in uno sforzo davvero ammirevole che ha mescolato sentimenti e valori universali, facendoli diventare un evento straordinario. Ma l’eccezionalità di ciò che è accaduto non sta soltanto nell’aver vinto il campionato del mondo, quanto nel fatto che esso è giunto in un momento in cui proprio sulla galassia pallonara italiana si abbatteva lo scandalo forse più grande mai capitato che, come un cataclisma, rischiava di cancellare ogni cosa, mandando in frantumi un vecchio giocattolo che già ai più sembrava abbondantemente rotto.
E allora è apparso chiaro a tutti, mentre il mondiale tedesco proponeva in modo frenetico i gironi eliminatori, che per l’Italia si disputavano due campionati distinti: quello vero e proprio sui campi di calcio, nelle splendide e calde città teutoniche e un altro, ben diverso, nelle stanze dei palazzi federali di casa nostra, alle prese con lo scandalo delle partite truccate, degli arbitri venduti, delle designazioni arbitrali pilotate e di tutto quanto di torbido hanno messo in luce le intercettazioni telefoniche. Appariva ancora più chiaro quanto questi due campionati, così profondamente diversi, si intersecavano in un unico destino.
Quanto più si voleva ribadire che i giocatori e la nazionale di Marcello Lippi dovevano stare fuori dalle indagini e dalla giustizia sportiva, tanto più si richiedeva con forza una risposta autentica, genuina, di valore sportivo universale, che solo il campo di gioco e i risultati della squadra potevano dare. Una sensazione che si percepiva nettamente e che univa non solo gli sportivi italiani ma l’intero paese, nel richiedere una risposta inequivocabile che potesse restituire dignità, forma e valore al giocattolo calcio giunto pericolosamente vicinissimo alla discarica di rifiuti di una società deviata dai sistemi di interessi e dei poteri economico-politici.
E il campo di calcio ha risposto pienamente ed entusiasticamente alle attese. La vittoria di domenica 9 luglio ’06 ha consegnato alla storia il calcio sano, pulito, vero, autentico, che è fatto di sacrifici, fatica, impegno, concentrazione, disponibilità a mettersi al servizio del gruppo con umiltà, pronti a dare il meglio di sé e sempre il massimo, senza capricci o tatticismi. Un risultato straordinario che è stato capito fino in fondo dagli italiani e non solo da essi, che hanno atteso con trepidazione che il rito dei rigori si compisse e il tiro calciato dal quinto calciatore italiano entrasse imparabilmente in porta. Solo allora, finalmente, è scoppiata la festa, incontenibile, spontanea, genuina, coinvolgente. Un’esplosione di gioia nella quale si è espresso anche un enorme senso di liberazione e di fiducia.
Terminata dunque, questa formidabile avventura in terra tedesca della nazionale di Lippi e di capitan Cannavaro, adesso gli occhi sono rivolti al risultato dell’altro campionato, anch’esso giunto all’epilogo. Cosa ci si aspetta da questa finalissima? Sicuramente non processi sommari, vendette, sfoghi scomposti per antichi rancori o peggio ancora, colpi di spugna e ventilate amnistie; ciò che lo sport italiano e gli amanti del calcio chiedono è semplicemente che venga fatta giustizia e venga restituita dignità e credibilità ad un mondo che è anche un fenomeno sociale e di costume, capace di coinvolgere milioni di persone.
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