Il partigiano imbraccia il fucile
compagno in montagna
di veglie estenuanti
fra grotte remote.
Braccati, odiati, trucidati,
liberi, orgogliosi, impavidi.
Uomini e donne,
uniti dal nobile ideale
di un popolo aperto, solare,
mai prono
al goffo richiamo di gerarchi
tronfi di retorica scimmiottata
di un capo teatrante.
Palcoscenico di istrioni
violenti, arroganti, tragici
nel maniacale e ossessivo
urlo sguaiato
di azioni cialtrone
Il vento liberatore
spazzò le oscure trame
aprì le porte,
scoperchiò tetti e tuguri
fece entrare la luce
del pensiero diverso,
moltiplicò idee e opinioni,
sventò la congiura del silenzio
facendo echeggiare voci
di bimbi, mamme, padri
aperte al sorriso sincero,
non smorfia forzata
ma canto gioioso
di occhi luminosi
rivolti a un futuro sereno.
Ferite ancora sanguinanti
di animi sofferenti
da rimarginare con il respiro
l'abbraccio di amici, parenti
o persone sconosciute,
ma vicine
nello stesso sentire.
Volti segnati dal peso
dell'oppressione insopportabile
di un regime barbarico
insaziabile nella voglia
di avere davanti fantocci
inquadrati e scattanti
marionette senz'anima.
Corpi imprigionati, trucidati
da sicari oscuri e feroci.
Uccisero e distrussero i corpi
ma non il pensiero
che gridò sempre più forte
fino ad esplodere
In tutte le piazze d'Italia.
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