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Si ripopola il Parco

ORSOMARSO – Il capriolo del Parco nazionale del Pollino è stato il protagonista del IV Congresso Italiano di Teriologia dedicato a ‘’Ricerca scientifica e conservazione dei mammiferi in Italia’’ che si è svolto a Riccione dal 6 all’8 novembre scorso. Nel corso dell’evento è stato presentato un poster riepilogativo del quadro completo dello stato di conservazione e livello di diffusione di questo mammifero che è considerato un vero e proprio simbolo del parco e che, a metà degli anni ottanta del secolo scorso, ha rischiato seriamente l’estinzione essendosi ridotto ormai a poche decine di esemplari confinati quasi unicamente all’interno della valle del fiume Argentino, nel territorio del comune di Orsomarso. Per fortuna i numerosi appelli ad intervenire con determinazione, rivolti alle istituzioni da parte di studiosi ed amanti della natura, hanno consentito di evitare che, quella che sarebbe stata una perdita incalcolabile di questo autentico patrimonio dell’umanità, si consumasse irrimediabilmente.
Indubbiamente, tra il 1987 e il 1990, sono risultati determinanti in tal senso, provvedimenti come l’istituzione della Riserva naturale orientata ‘’Valle del fiume Argentino’’ prima, e del Parco nazionale del Pollino poi.
L’importante lavoro presentato al congresso di Riccione, che porta il significativo titolo ‘’Il capriolo nel Pollino: ieri, oggi e domani’’, rappresenta il risultato di una lunga fase di ricerca sul campo effettuata grazie a una Convenzione stipulata nell’anno 2000 tra l’Ente Parco del Pollino e l’Università di Siena, finalizzata allo studio sull’ecologia e conservazione del capriolo nel Parco e a favorirne l’incremento della locale popolazione. Questo gruppo di ricercatori locali e di esperti del settore, composto da Massolo Alessandro, Alberto Sangiuliano, Cinzia Farace, Francesca Cesana, Enza Fava, Antonio Iantorno e Milena Provenzano, ha lavorato sotto l’attenta supervisione del responsabile scientifico Sandro Lovari, uno dei massimi esperti di studi sugli ungulati, dell’Università di Siena, Dipartimento di Scienze ambientali, Sezione di Ecologia comportamentale, Etologia e Gestione della fauna.
Per molto tempo considerato uno degli ultimi nuclei autoctoni sopravvissuti in Italia, il capriolo dell’Orsomarso è sempre stato oggetto di interesse scientifico e conservazionistico. L’esistenza di una ‘’forma italica’’, descritta per la prima volta da Festa nel 1925, pare sia dimostrata da recenti studi effettuati su un campione di 164 caprioli, provenienti dalla Toscana, dalle Alpi, dai monti dell’Orsomarso, dal Gargano e dalla Tenuta Presidenziale di Castelporziano (Lorenzini et al. 2002).
Questi studi confermerebbero, quindi, l’esistenza di differenze genetiche tra i due gruppi (sottospecie) di caprioli presenti in Italia rispettivamente nell’arco alpino (C. c. capreolus) e nelle regioni centro-meridionali (C. c. italicus). Essi ci dicono, inoltre, che il capriolo dell’Orsomarso fino agli inizi del secolo scorso conservava molto probabilmente un’ampia diffusione in tutta la Calabria settentrionale con una distribuzione pressoché continua, dal massiccio del Pollino alla catena costiera. La contrazione dell’area di distribuzione iniziò verosimilmente già nel corso dell’Ottocento, acuendosi tra le due guerre mondiali, con l’estinzione della specie a nord del fiume Lao e sulla catena costiera. Cacciabile fino ai primi anni ’70 e in seguito perseguitato dal bracconaggio, il capriolo continuava nel suo inesorabile declino negli anni ’80 e ’90.
L’areale era stimato essere di circa 7500 ettari, più o meno circoscritto alla impervia Valle del Fiume Argentino nel territorio di Orsomarso e alle aree limitrofe, con una stima di consistenza intorno a poche decine di individui. Solo in seguito all’istituzione del Parco Nazionale del Pollino, si è registrata una graduale inversione di tendenza: studi della seconda metà degli anni ’90, soprattutto quelli di Cosimo Marco Calò e Giuseppe Priore, hanno individuato un’area di presenza stabile e accertata di poco inferiore a 6.000 ettari e una periferica di presenza sporadica e/o probabile di circa 9.000 ettari. Finalmente, con la stipula della convenzione fra l’Ente parco e l’Università di Siena, è stato svolto uno studio sistematico: per esempio, per la determinazione della distribuzione della specie, mensilmente sono stati effettuati percorsi fissi diurni, notturni (con faro) e avvistamenti da punti di visibilità, oltre ad una serie di escursioni periodiche in aree di presenza incerta. Inoltre è stata condotta una valutazione sull’idoneità ambientale per la specie mediante l’utilizzo di tecniche statistiche multivariate (Analisi di Regressione Logistica Multipla).
“I dati emersi – sostengono i ricercatori – sembrano indicare che l’area di distribuzione ‘’storica’’ si sia notevolmente ampliata soprattutto in direzione nord, nord-est ed est, dove la presenza della specie è stata rilevata anche fuori dai confini del Parco (comune di Lungro), ma anche nella porzione occidentale (comune di Orsomarso). Quest'espansione sembrerebbe meno evidente nei comparti più meridionali del comprensorio, dove, allo stato attuale, si rileva un modesto accrescimento dell’area di distribuzione solo in direzione sud-est. La distribuzione attuale della popolazione di capriolo dei Monti di Orsomarso si avvicinerebbe verosimilmente a 30.000 ettari, confermando i risultati emersi dalla valutazione di idoneità ambientale; tale corrispondenza, oltre a trovare un chiaro riscontro in termini di habitat (soprattutto attraverso l’avvicinamento degli animali alle aree rurali), si esprime, attraverso la colonizzazione di alcune delle aree indicate come ‘’le più probabili’’ nella carta di idoneità.
Il Parco Nazionale del Pollino sembrerebbe quindi un territorio rilevante per l’estensione di una porzione ‘’insulare’’ dell’areale della sottospecie C.c. italicus di elevata importanza conservazionistica”. Buone notizie, dunque, dal parco del Pollino per quanto riguarda una fra le più preziose e rare specie faunistiche che in esso vivono, tutto ciò proprio mentre ricorreva il decennale della istituzione dell’Ente di gestione del parco. Un dato, questo, che sicuramente rappresenta un risultato molto positivo e che per molti può da solo giustificare la bontà e la validità della scelta di istituzione di una delle aree protette più grandi d’Europa.
Un risultato che premia, inoltre, gli sforzi fatti nel settore degli studi e della ricerca scientifica che vedono coinvolti ricercatori ed esperti di varie università; fra questi ricordiamo la studentessa laureanda Cinzia Farace di Orsomarso che ha partecipato attivamente alle attività di ricerca che hanno prodotto il materiale esposto al congresso di Riccione e che sta per completare i suoi studi universitari proprio con una tesi sperimentale sul capriolo dell’Orsomarso che, certamente, aggiungerà un altro importante tassello al mosaico di conoscenze che lo riguardano.
Pio G. Sangiovanni
11/01/2004
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