A Orsomarso si tenta faticosamente di far ripartire la politica dal suo terreno più naturale e più autentico; quello del confronto e della ricerca di una sintesi comune fra varie identità differenti. Un compito indubbiamente difficilissimo se si pensa che si è assistito per anni ad un progressivo sfilacciamento della cultura della discussione comune, dello scambio dialettico come base di partenza essenziale per affrontare e risolvere problemi sempre più complessi anche per realtà piccole ed emarginate come quelle di tanti paesi montani. In una parola, si è avuta quasi la sensazione che si fosse perso il gusto ed il piacere di praticare effettivamente la democrazia come momento alto di costruzione di una società in cui si opera per il bene comune. Che poi è lo scopo più autentico della politica.
La scomparsa quasi totale e la trasformazione dei partiti tradizionali è stato un evento decisivo per segnare la svolta verso una fase in cui i singoli hanno preteso di condizionare da soli le scelte di intere comunità, usando l’arma della demagogia, del ricatto e di tante altre diavolerie che facevano predicare bene in nome della libertà e della democrazia, ma di razzolare male puntando ad obiettivi ed interessi personali o di gruppi ristretti. La logica conseguenza di simili atteggiamenti è il rifiuto di misurarsi in modo costruttivo sui problemi accusando puntualmente di ostruzionismo o di demonizzazione dell’avversario chiunque si fosse permesso di sollevare dubbi, perplessità o critiche.
Ad Orsomarso, che non è un’eccezione, le liste elettorali negli ultimi anni non nascevano in virtù di una riflessione comune e sulla stesura di un programma amministrativo che delineasse degli scenari possibili di sviluppo futuro, al contrario rappresentavano un momento per consumare vendette personali e si cercava di individuare candidature di contrapposizione ad altre persone, che venivano proposte ed accettate proprio in virtù della presenza di un avversario o di un nemico personale dall’altra parte. Si possono immaginare le conseguenze negative che ne derivavano con l’elezione di gente che non aveva la più pallida idea di cosa significasse amministrare la cosa pubblica e spendere tempo ed energie per il bene della collettività.
Con la discussione che si è aperta alcuni mesi fa nel piccolo paese dell’entroterra alto tirrenico, e che adesso sta entrando nel vivo, si tenta forse di riportare i termini della questione al loro giusto posto. Ma il risultato ancora è tutto da verificare, come dimostra, del resto, l’atteggiamento sospettoso con il quale tanta gente osserva gli avvenimenti.
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