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Se l'Italia va in fiamme non è una legge di natura

ITALIA - Fuoco a volontà!! (di Franco Tassi)
Cambiano le stagioni, i climi, i millenni, ma la musica italiana è sempre quella: siccità, aridità e incendi nella buona stagione, alluvioni, allagamenti e frane nella cattiva. Stato di calamità, comunque… O calamità di Stato?

Non v’è dubbio che il depauperamento boschivo e la corsa alla desertificazione, radicalizzando le stagioni, giochino un ruolo rilevante: ma noi italiani, dandoci da fare, aggiungiamo quel tocco di classe in più. Ci agitiamo spesso a parlare fumosamente di tutto, dimenticando però alcune semplicissime iniziative che potrebbero giocare un essenziale ruolo preventivo.

1.- Chi va in giro a piedi per i boschi sa che non incontra quasi mai nessun controllo, e che la gente maleducata fa quello che le pare. Non si può pensare di mettere alle costole di ogni Italiano una Guardia Forestale, ma perché non ricorrere anche al volontariato? Chi l’ha sperimentato, sa con quanto entusiasmo giovani italiani e stranieri si lanciano nelle missioni in cui credono, imprevedibili nei movimenti e inarrestabili, attivando quel contagioso “controllo sociale” tanto latitante da noi…

2.- Già quindici anni fa, mentre tutti proclamavano trionfalisticamente che “ tanto sui terreni bruciati non si può costruire! ” il Comitato Parchi cercava di spiegare che non è proprio così, mancando l’inventario aggiornato di quei luoghi. Ora si parla di un Catasto che si farà, sì, forse, ma quando? Attendiamo ancora con fiducia di vedere una sola concessione edilizia negata da un Comune a causa del fuoco: ma dato che oggi va di moda bruciare soprattutto aree protette e paesaggi incantevoli, perché non affidare ai Parchi e alle Soprintendenze i Catasti dei loro territori?

3.- Sui terreni percorsi dal fuoco non solo non si dovrebbe costruire, ma neppure cacciare, pascolare o rimboschire. Assai meglio recintarli con tabelle esplicative, e poi lasciarli in pace almeno per un decennio. Basterebbe un’ordinanza del giudice o del sindaco. Fuori da ecomafie e da ecobusiness, penserebbe a tutto la natura: ghiandaie e scoiattoli porterebbero semi, il vento farebbe il resto. Chi non lo crede, visiti i luoghi dove questo metodo economicissimo ha prodotto eccellenti risultati.

4. – E ai disoccupati alla ricerca disperata d’un lavoro non pensa nessuno? Meglio occuparli sulle pendici brulle (come fece Roosevelt nel New Deal), là dove il fuoco non c’è stato, per realizzare rimboschimenti intelligenti (e quindi non semplici “coniferamenti a tappeto” che, tra aghi e resina, finiscono col diventare esche ideali per il fuoco, e che spesso sperperano più in strade montane che in semi e piantine, come accadeva nella famosa “ forestazione produttiva ”). E soprattutto sviluppare educazione ambientale e prevenzione, coinvolgendo tutti anche emotivamente. Premiando non chi vorrebbe a tutti i costi lavorare nell’industria del dopo-incendio, ma piuttosto coloro che riescono a combattere il fuoco.

Sogni? Utopie? Può darsi. Ma anziché invocare sempre nuove leggi (che poi dimentichiamo nel cassetto), dovremmo forse sforzarci anzitutto di applicarle, e soprattutto di rompere le spirali del malaffare, della complicità e dell’indifferenza.

Che l’Italia vada in fiamme ogni estate non corrisponde a una legge di natura. E’ solo il frutto dell’egoismo, dell’inerzia e della stupidità di tutti noi.

Franco Tassi

- Comitato Parchi - Roma, settembre 2007
04/09/2007
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