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Cresce la ricchezza ma solo di pochi

MONDO - Censis: cresce la ricchezza ma è tutta concentrata nelle mani di pochi italiani. Lo studio, presentato dal Censis, afferma che negli ultimi dieci anni, la quota di patrimonio, detenuta dal 5% delle famiglie ricche è passata dal 27% al 32% della ricchezza totale.
Italiani più ricchi. Solo alcuni, però. La ricchezza nel nostro Paese, infatti, è in crescita, ma concentrata nelle mani di pochi. Lo rivela uno studio del Censis, intitolato "Italiani fra patrimonio e reddito". Dalla fotografia scattata dall’istituto di studi socioeconomici emerge, quindi, che la crescita più eclatante dei patrimoni privati riguarda una quota esigua delle famiglie italiane. Basti pensare che negli ultimi dieci anni, la quota di patrimonio totale detenuta dal 5% delle famiglie più ricche in Italia è passata dal 27% al 32% della ricchezza totale, indicando un fenomeno di concentrazione dei patrimoni.
Dalla metà degli anni '90 a oggi la ricchezza netta delle famiglie ha mantenuto un andamento costante di crescita del 5% all’anno, giungendo a quota 7.700 miliardi di euro. L'incremento più accentuato delle attività finanziarie detenute dai nuclei familiari si è registrato tra il 2002 e il 2003 (+6%). Contemporaneamente si è verificata una diminuzione dei consumi, a cui è corrisposto un aumento di circa il 4% delle attività, soprattutto liquide, messe da parte dalle famiglie. Il 2002, 2003 e il 2004, poi, sono stati anni caratterizzati per un consolidamento della ricchezza reale: se nel '99, il contante e i depositi costituivano il 20,6% del totale delle attività finanziarie, oggi rappresentano il 26%. Secondo l’istituto, parte di questi liquidi sarebbe stato riversato nel mercato immobiliare.
Nel 2004, infatti, si sono registrati circa 870mila atti di compravendita, per un valore di 132 miliardi di euro; nei primi cinque mesi del 2004, rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, il Censis stima che sia stato acquistato il 36% in più di case per vacanza (88mila) e 44mila altri tipi di immobili non destinati ad abitazione principale. Se più dell'80% delle famiglie dispone oggi di una casa di proprietà, circa il 13% ne possiede almeno una seconda, e il 4,5% è proprietario di altre tipologie di fabbricati.
Ancora una volta, però, è necessario fare dei distinguo. Solo il 2,6% delle famiglie con un reddito compreso tra i 1.000 e i 1.300 euro mensili, infatti, ha dichiarato di aver acquistato un immobile per uso abitativo nel 2004, mentre tale percentuale sale all'8,2% nella classe di reddito compresa tra i 2.000 e 3.100 euro. Lo stesso paradigma vale per il possesso di strumenti finanziari: i dati più recenti concordano nell'indicare che la disponibilità di attività finanziarie speculative è nettamente più diffusa tra le classi di reddito elevate (l'8% dei nuclei fino a 3.100 euro mensili dispone di azioni e la quota sale al 19% nella classe con oltre 3.100 euro, a fronte dello 0,3% delle famiglie con reddito non superiore ai 1.300 euro).
Esistono, dunque, differenze sostanziali tra la grande massa di piccoli risparmiatori e gli strati sociali con elevate disponibilità di spesa e di investimento: i primi corrono ormai verso forme sempre più spinte di indebitamento (dei 4 milioni di famiglia gravate da debito, il 53% lo è per l'acquisto o la ristrutturazione di un immobile), mentre i secondi generano forme di ricchezza sempre più concentrata.

Fonte: Tuoquotidiano.it

02/06/2005
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