Genova, abbandonato un morto su 3. Anziani soli o con parenti che non pagano il funerale. Cresce all'obitorio dell'ospedale di San Martino il fenomeno delle «salme senza interesse».
GENOVA — Gli addetti ai lavori le chiamano «salme senza interesse», così le cataloga la legge. Sono i defunti che nessuno vuole, quelli che rimangono senza sepoltura fino a quando non intervengono i servizi comunali per una rapida inumazione a carico della comunità. A Genova, nell'obitorio dell'ospedale San Martino, che serve tutta la città, hanno raggiunto il 30 per cento. «Un po' meno di un terzo», conferma il dirigente dell'azienda servizi funebri del Comune, Luciano Dolcetti.
Sono persone morte in casa, quasi sempre molto anziane, o vittime di incidenti e trasportate direttamente all'obitorio, o anche chi ha finito i suoi giorni in ospedale e dopo le 36 ore di legge nelle camere mortuarie non è stato «reclamato», e diventa così una «salma senza interesse». Sottinteso, interesse da parte dei parenti. Parenti che non ci sono o non si trovano, o se si trovano non hanno intenzione di accollarsi la spesa di un funerale: «Capita — spiega Dolcetti — che facciano una verifica in banca e se non è soddisfacente si tirino indietro».
Tuttavia, c'è anche chi è in condizioni di indigenza e non si può permettere la spesa delle esequie. Alla fine, interviene il Comune. «È triste — dice Dolcetti — perché non è raro che si tratti di persone che probabilmente hanno avuto una vita sociale ricca, con professioni che li hanno fatti conoscere e amare da molti, ma alla fine si trovano soli». Per cercare di risolvere in parte questa situazione, l'azienda servizi funebri ha istituito una specie di «polizza sepoltura»: «Vengono sempre più anziani preoccupati di rimanere senza funerali — spiega Dolcetti — così offriamo loro questa polizza per coprire le spese delle esequie. Alcuni sono molto, molto precisi: lasciano detto che fiori vogliono, che musica, fin nel minimo dettaglio».
Il caso dei defunti che nessuno vuole seppellire è scoppiato a Genova con Antonio Buti, 68 anni, stimatissimo ex professore di Lettere in un istituto tecnico. I vicini di casa non vedendolo da giorni si sono preoccupati e hanno scoperto che quel professore così gentile era stato ricoverato al San Martino, era morto ed era diventato una «salma senza interesse». I vicini hanno fatto un appello attraverso il tg regionale alla ricerca dei parenti, infine si sono risolti a pagare con una colletta una messa in suffragio.
Ma la morte solitaria del professor Buti ha fatto scoprire quanto è cambiata Genova, una città che ha sempre avuto un fortissimo culto dei morti. Non a caso ha uno dei più estesi e importanti cimiteri monumentali d'Europa, Staglieno. E ha altri trentacinque cimiteri. Visitati da sempre meno persone, però: «Le abitudini cambiano — dice il dirigente dei servizi cimiteriali del Comune, Roberto Burchielli —. Negli ultimi cinque anni abbiamo calcolato che c'è stato un calo di visitatori del 45 per cento». La categoria che più rifugge la visita ai propri defunti? Secondo Burchielli sono i quarantenni.
Così, mentre la città si chiede se ha smarrito la sua pietas, anche l'arcivescovo Angelo Bagnasco durante la messa per i defunti in cattedrale, il 2 novembre, ha parlato di chi muore solo e rimane abbandonato all'obitorio: «Dispiace e colpisce dolorosamente — ha detto dall'altare — è importante lavorare alla costruzione di reti sociali che uniscano. Se non ci sono più i parenti ci sono comunque le persone».
Fonte: Corriere della sera.it - 09 novembre 2006
0 commenti.
Per visualizzare lo spazio commenti è necessario accedere al sito.