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In Italia più culle ma 1 cittadino su 5 è anziano

L’Istat: più natalità, ma l’”avanzata” degli over-65 è più forte di quella dei neonati

Aumentano le culle, ma l’Italia è sempre più anziana. L’Istat, nel suo rapporto sul “Bilancio demografico nazionale” relativo al 2005 fotografa un Paese in cui aumenta lievemente il tasso di natalità, ma dove un cittadino su cinque ha più di 65 anni.

“L'Italia è uno dei Paesi a più elevato invecchiamento al mondo”, sostiene l'Istat e questo complica la prospettiva di chi deve affrontare i nodi anche economici, di pensioni e sanità. E nonostante il rialzo della fecondità, avvenuto negli ultimi anni e riconfermato nel 2005, il tasso del nostro Paese rimane uno dei più bassi del mondo: l’anno scorso il numero medio di figli per donna è salito a 1,34 (era 1,33 nel 2004). E' il livello più alto registrato nel nostro Paese negli ultimi quindici anni, risultato del trend crescente iniziato nel '95, anno in cui la fecondità italiana toccò il minimo storico con un valore di 1,19 figli per donna. Ma si tratta sempre di valori molto bassi, ben lontani dai 2 figli per donna necessari per riportare in pareggio l’equilibrio demografico intergenerazionale. Il nostro rimane comunque un Paese anziano, che anno dopo anno si riscopre un po’ più “vecchio”. Nel 2005 la percentuale di individui con più di 65 anni ha raggiunto il 19,5%, mentre i minorenni sono scesi al 17,1%.

Continuando di questo passo, secondo le stime dell'Istituto di statistica, nel 2050 gli ultrasessantacinquenni potrebbero arrivare a costituire il 34% della popolazione ed i minori scendere al 15,4%. “La prospettiva non inverosimile - avvertono i ricercatori - di ritrovarsi entro una data non lontanissima per la demografia con una popolazione composta da un anziano di 65 anni e oltre ogni tre persone e da un minore circa ogni sette porta a concentrare l'attenzione sugli indizi, anche minimi, che possono suggerire accelerazioni o rallentamenti degli attuali andamenti”. Altro indicatore chiave è quello rappresentato dalla cosiddetta “speranza di vita”, che - dopo il brusco calo del 2003, legato all'eccesso di mortalità tra gli anziani addebitabile ad un inverno assai rigido e alla successiva, torrida estate, e l'impennata del 2004, spiegabile con l'effetto-selezione dei soggetti più deboli - tornerebbe ad assestarsi per il 2005 su livelli costanti, che sono di 77,6 anni per gli uomini e di 83,2 per le donne.

L’elevato tasso di anziani, insomma, è dovuto sì a una bassa natalità, ma in parte anche (per fortuna) a una longevità tra le più alte del mondo.

TuoQuotidiano
28/04/2006
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