LA LOCANDINA – Carissimi nel nostro itinerario verso la Pasqua credo che contino molto di più i fatti che le parole. Anche per questo non vorrei tediarvi più del necessario con lungaggini e verbalismi. Conquistato anch'io dalla luce che promana dal Vangelo di questa seconda domenica di quaresima, ho colto in qualche attimo la tragedia e la gloria di quella storia di Gesù, dalla quale tutto è ricominciato e che ha dato o può sempre ridare senso alla nostra vita: al nostro pianto e al nostro sorriso, alla nostra solitudine e alla nostra profonda e intensa comunione.
Un caro saluto a tutti e un saluto tutto particolare ai componenti della nuova associazione di Catanzaro "Braccia aperte". Aperte per che cosa? Vi chiederete. Per abbracciare appunto: sollevare e aiutare, soprattutto tra i giovani quanti sono in difficoltà (e sono tanti: negli istituti dei minori o nei centri di recupero, nelle carceri cittadine recintate e in qualche carcere invisibile dove la nostra società butta ogni giorno giovani e meno giovani, con programmato e mercantile cinismo). Con gli operatori di questa nuova associazione, dove ho ritrovato volti e disponibilità già noti nella mia ormai più che ventennale presenza a Catanzaro, ho tenuto ieri sera un incontro, intenso e arricchente. Il loro sito è http://it.groups.yahoo.com/group/braccia_aperte (richiede l'iscrizione).
Un caloroso augurio di buon lavoro e un abbraccio a loro e a tutti voi, dGM.
La tappa di questa 2^ domenica di quaresima è fondamentale nel nostro itinerario spirituale. "Trasfigurarsi" e "trasfigurare" è più che trasformare. È cogliere la profondità delle cose, la realtà così come essa è agli occhi di Dio e dalla sua prospettiva, nonostante la sofferenza, anzi scavando sotto la sua dura crosta. Per noi, fragili quanto un sorriso, la sua esperienza può durare ancora meno di un sorriso e tuttavia è il momento della verità e ci rimette in carreggiata, facendoci affrontare con rinnovata energia i compiti che ci attendono.
2^ domenica di quaresima (a) 2005
Come mai quel sole si tinge di rosso
alla fine della strada che conduce alla vetta
dove i discepoli da lontano
abbagliati ti guardano
in tutta la tua irraggiungibile maestà
e la tua infinita solitudine?
Maestro, tu lo sai…
Tu sai che alla cima di un monte,
dove l’uomo, fin dagli inizi, ritiene
d’incontrarsi con Dio,
la strada si perde nel cielo
e la vita appare effimera e grande ad un tempo.
Così ti contempliamo a distanza,
storditi da questa tua, da questa nostra esperienza
e d’improvviso comprendiamo
che stiamo per perderti.
Poi ci sovviene un pensiero, che qualcuno, forse pensando a te, ha formulato:
”È meglio aver amato e aver perso
che non avere amato in questo lasso di tempo
che ancora ci resta”.
(GM/13/02/05)
Vangelo di Matteo 17,1-9 “Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello, e li condusse sopra un alto monte, in disparte. E fu trasfigurato davanti a loro; la sua faccia risplendette come il sole e i suoi vestiti divennero candidi come la luce. E apparvero loro Mosè ed Elia che stavano conversando con lui. E Pietro prese a dire a Gesù: «Signore, è bene che stiamo qui; se vuoi, farò qui tre tende; una per te, una per Mosè e una per Elia». Mentre egli parlava ancora, una nuvola luminosa li coprì con la sua ombra, ed ecco una voce dalla nuvola che diceva: «Questo è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto; ascoltatelo». I discepoli, udito ciò, caddero con la faccia a terra e furono presi da gran timore. Ma Gesù, avvicinatosi, li toccò e disse: «Alzatevi, non temete». Ed essi, alzati gli occhi, non videro nessuno, se non Gesù tutto solo. Poi, mentre scendevano dal monte, Gesù diede loro quest'ordine: «Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell'uomo sia risuscitato dai morti».
1 commenti.
Per visualizzare lo spazio commenti è necessario accedere al sito.