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Berlusconi e i giornali. Il tallone del seduttore

di Sergio Romano - Corriere della sera (4.12.08)

ITALIA - Voglio credere che le parole del presidente del Consiglio sui direttori del Corriere e della Stampa («dovrebbero cambiare mestiere») fossero soltanto una battuta, uno sfogo, ciò che si dice alla fine di una giornata particolarmente lunga e faticosa. Voglio crederlo perché Silvio Berlusconi è spesso un uomo gioviale, bonario, accattivante che si fa in quattro per suscitare ondate di simpatia e manifestazioni di affetto. Queste doti sono certamente una delle ragioni del suo successo. Gli hanno permesso di stringere amicizie influenti, di farsi strada nel mondo difficile degli affari, di attrarre intorno a sé uno stuolo di ammiratori fedeli, di creare un impero della comunicazione (il suo principale know-how ), di convertire l’azienda in partito e gli ammiratori in elettori.

I suoi critici possono considerare con scetticismo la diplomazia dei rapporti personali, ma è difficile negare che Berlusconi sia riuscito a stabilire eccellenti relazioni con Aznar, Blair, Bush e Putin. In un momento in cui la politica internazionale è diventata un palcoscenico e tutti i leader si comportano come primi attori, Berlusconi ha le qualità necessarie per recitare la parte con un certo successo. Le stesse doti, tuttavia, possono essere in alcuni casi il suo tallone d’Achille. Abituato a sedurre, Berlusconi ricorda talvolta quei malati immaginari che misurano continuamente la loro temperatura.
Il termometro, in questo caso, registra la simpatia e i consensi. Se lo strumento segnala un calo del calore affettivo che alimenta ogni giorno il suo ego, il presidente del Consiglio reagisce come un amante deluso e tradito. Se i suoi interlocutori non sono sensibili alle sue virtù di seduttore, è convinto che abbiano un’ostilità preconcetta nei suoi confronti. Anziché chiedere a se stesso se non abbia commesso un errore, Berlusconi presuppone immediatamente la malizia altrui. E’ questo il momento in cui si difende da un nemico immaginario ricorrendo a un linguaggio goliardico e casermesco che non si addice a un uomo di Stato.

Queste sortite potevano essere comprensibili quando Berlusconi era un outsider , snobbato dai professionisti della politica e incalzato da un numero eccezionalmente elevato di inchieste giudiziarie. Vi furono effettivamente momenti in cui poté sentirsi assediato. Ma è difficile giustificare tali sentimenti in un uomo politico che ha vinto tre elezioni, ha costituito tre governi, ha una consistente maggioranza parlamentare e gode di un seguito che ha sempre superato in questi ultimi tempi il 60% dei sondaggi. Anche se molti dei suoi avversari non l’hanno ancora accettato e digerito, Berlusconi è un leader nazionale, rappresenta l’Italia nel mondo, ha il diritto e il dovere di governarla.

Ma il suo compito e la maggioranza di cui dispone comportano alcuni obblighi, fra cui quello di evitare che il bipolarismo italiano diventi un conflitto permanente. Non si può essere ottimisti (come Berlusconi ama definirsi) e contribuire all’acido clima di ostilità contrapposte che sta avvelenando la politica italiana. Non si può incoraggiare il Paese a credere nel proprio futuro, soprattutto durante una grave crisi economica, e comportarsi come se l’Italia fosse un campo di battaglia fra chi ama il presidente del Consiglio e chi lo detesta. Non si governa soltanto con leggi e decreti. Si governa anche con lo stile, vale a dire fornendo all’opinione pubblica un modello di serietà, equilibrio, riserbo e, soprattutto, misura verbale.

04/12/2008
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