Randagismo: appello dei volontari ai Sindaci del Tirreno Giulio Santo, Il portavoce del gruppo anti - randagismo di Scalea lancia l'allarme: il problema è sottovalutato dalle istituzioni.
ALTO TIRRENO - E' da oltre un anno che un gruppo spontaneo di cittadini di Scalea raccoglie, con molta difficoltà, autonomamente cani randagi per le vie del comprensorio tirrenico, senza un minimo di assistenza e preoccupazione da parte delle istituzioni che, a seguito della legge nazionale contro il randagismo e in base alla legge n. 41 del 1990 della Regione Calabria, sarebbero obbligate, come minino, a tenere in considerazione un fenomeno sociale sempre più emergenza civile.
Il sottosegretario al Welfare, Francesca Martini, dell'attuale governo Berlusconi, in un recente comunicato stampa apparso su tutte le testate nazionali, accusa chiaramente Comuni e Regioni, colpevoli, a suo dire, di non aver controllato il fenomeno. Da quanto emerge dalla dichiarazione del Governo è certo che dal 2001 a oggi, in base alla legge per la lotta al randagismo, sono stati stanziati 30 milioni di euro. Le pubbliche amministrazioni, come i comuni del tirreno, non li hanno utilizzati, le domande sono rimaste inevase negli uffici del governo perché prive di documentazione. Giulio Santo, esponente e portavoce del gruppo di volontari “anti-randagismo” di Scalea, alle parole del sottosegretario Martini ha aggiunto: "a Scalea e nei paesi vicini ci sono dati allarmanti sul numero di cani abbandonati, l'ultimo caso di aggressione di un randagio ad una signora di Orsomarso, per fortuna salvata dalla protezione civile, segna la gravità di un problema sempre sottovalutato dai comuni e le istituzioni non si rendono conto, dopo tutto quello che stiamo facendo per il bene degli animali e della società, che sono direttamente responsabili di questo assurdo degrado di civiltà" Di fatti, sempre dalla dichiarazione del sottosegretario Martini, si evince che le Regioni con la maglia nera, dove esiste un alta concentrazione di cani abbandonati, sono la Calabria, la Campania, la Sicilia e la Puglia.
In queste regioni la prevenzione dei branchi per strada anche attraverso la sterilizzazione, dei maltrattamenti ai cani e le iniziative per la chiusura dei rifugi lager sono lettera morta. Il portavoce del gruppo volontari di Scalea,nei giorni scorsi ha fatto appello ai cittadini ad unirsi per costruire un canile adeguato, ribadendo in particolar modo ai comuni del Tirreno: "è dal 1991 che i comuni e le aziende sanitarie dovevano impegnarsi per risolvere il problema dell'abbandono, oggi assistiamo solo alla conseguenza di ciò che non si è fatto. Eppure, proprio perché è il ministero del lavoro a sostenere la giusta causa di civiltà, si dovrebbe pensare meglio a trasformare quello che è un difetto nel nostro comprensorio, in opportunità di lavoro stabile per decine di giovani. Per questo il problema è doppiamente sottovalutato e troviamo persino difficoltà a far capire ai comuni che esiste un modo diverso e più produttivo per gestire il randagismo. Sono anni che raccogliamo cani in giro per la nostra città e ci accogliamo pure le spese di sterilizzazione, troviamo gente per bene a cui affidare gli animali, cerchiamo soluzioni per accudirli e curarli seguendoli con amore, ma ora sono troppi e ne arrivano sempre più, per questo abbiamo bisogno di aiuto".
Nel sud Italia si stima che siano circa 300 mila i cani senza un padrone e neanche un tetto, nel frattempo diversi cittadini volontari, come Giulio Santo, hanno evidenziato la necessità, supportata dall'art 7 della legge 41 del 1990 della regione Calabria, di proporre al comune di Scalea la possibilità di concessione di un terreno sulla quale progettare un rifugio, per incentivare anche l'istituzione dell'anagrafe canina: l'unico sistema con la quale si andrebbe ad arginare definitivamente il randagismo.
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