Intervento del Presidente Napolitano in occasione della Giornata dell'Informazione
Palazzo del Quirinale , 21/01/2011
«Autorità,
cari amici dell'informazione,
signore e signori,
innanzitutto desidero congratularmi vivamente con i vincitori dei Premi giornalistici 2010, premi che valorizzano le qualità migliori e la fatica quotidiana che tanti giornalisti esprimono nel nostro Paese.
Vengo dalla tristissima, e insieme commovente e solenne, cerimonia dell'estremo omaggio alle spoglie del caporal maggiore scelto Luca Sanna caduto in Afghanistan. Il che mi induce a condividere con voi oggi la necessità di una severa consapevolezza delle prove che l'Italia sta affrontando in questa difficile fase della sua storia : tra le quali anche la prova degli impegni più ardui e rischiosi in seno alla comunità internazionale per obbiettivi di rafforzamento della pace, della sicurezza collettiva, della tutela di valori di tolleranza e di convivenza civile, contro la distruttiva violenza e minaccia del terrorismo.
E per l'Italia sono in pari tempo tante, ineludibili e sempre più incalzanti, le prove da affrontare sul piano interno, per dare nuovo slancio alla crescita economica e sociale del paese in un mondo aspramente competitivo, per accrescere la saldezza ed efficienza dello Stato democratico, per salvaguardare e rilanciare coesione e giustizia sociale. E' anche per meglio predisporci a superare le molteplici prove che ci attendono, che attingiamo ispirazione, motivi di fiducia e stimoli al rinnovamento dai filoni vitali della nostra storia dei 150 anni. Ho apprezzato che si sia posto l'accento - nell'odierna Giornata dell'Informazione - su una ricorrenza di cui sarebbe assurdo non dico negare ma trascurare il significato.
E vorrei ringraziare Massimo Gramellini per quel che ci ha detto dell'impegno suo e di Carlo Fruttero : un impegno da cui è scaturita una visione ricca di luci dell'apporto di "tantissimo giornalismo di qualità" alla crescita e all'avanzamento civile - attraverso tensioni laceranti, cadute e più risorgimenti - dell'Italia unita. Lo ringrazio per aver reagito - manca spesso il coraggio di farlo - ai luoghi comuni che si trascinano e riproducono avvilendo l'immagine che si tende a dare - al di là di ogni legittimo e necessario spirito critico e antiretorico - del nostro operare come nazione e come Stato dal 1861 a oggi.
Il senso dello Stato, la difesa dei valori essenziali dello Stato, hanno guidato l'azione del miglior giornalismo italiano anche quando in tempi non troppo lontani ciò ha comportato serena fermezza e determinazione anche a costo del sacrificio della vita. Sono stato onorato e toccato dal compito cui ho potuto assolvere di rendere omaggio alla splendida figura di Carlo Casalegno. Senza avere mai pensato di divenire una eroe della difesa della libertà e dello Stato democratico, egli lo è tragicamente divenuto e resta un esempio dei più alti nella storia del giornalismo e nella storia dell'Italia democratica.
E ora, qualche breve considerazione su altri aspetti di questa Giornata. Il dottor Jacopino ha sinteticamente richiamato le problematiche da cui è attualmente investito il mondo dell'informazione, si è riferito a condizionamenti negativi e a motivi di preoccupazione di ogni ordine politico, materiale e morale, tra i più gravi il malessere e l'assillo del precariato, elementi tutti su cui è giusto richiamare l'attenzione delle istituzioni ; egli ha anche apprezzabilmente introdotto interessanti spunti di riflessione autocritica, affidandoli anche a un rinnovato impegno di verifica della deontologia dei comportamenti di quanti operano nell'informazione.
E in questo senso, un rilevante banco di prova è rappresentato proprio dall'applicazione del Codice di autoregolamentazione in materia di rappresentazione delle vicende giudiziarie nelle trasmissioni radiotelevisive. Si tratta dell'impegno cui sovrintende con tutta la sua autorevolezza il Presidente Chieppa, chiaramente rivolgendosi - con esemplare fermezza lo abbiamo ascoltato - al senso del limite e della responsabilità che non può mancare nell'informazione, specie nella cronaca giudiziaria.
La materia è sempre e più che mai scottante. Non posso che far mio l'appello del Presidente Chieppa alla ricerca di "un valido equilibrio tra i valori del diritto-dovere dell'informazione e quelli del rispetto della riservatezza delle indagini e della privacy e dignità delle persone" : concetti che gli ha così ben articolato e puntualizzato. Un valido equilibrio è egualmente sempre indispensabile, più in generale, nel rapporto tra chi è costituzionalmente deputato ad esercitare il controllo di legalità e ha specificamente l'obbligo di esercitare l'azione penale, e chi è chiamato, nel quadro istituzionale e secondo le regole della Costituzione, a svolgere funzioni di rappresentanza democratica e di governo. Non è questo il luogo per ribadire inviti, argomenti, indicazioni che da anni sto spendendo per sollecitare quell'equilibrio e quel rispetto reciproco che appaiono spesso alterati, con grave danno sia per la politica che per la giustizia. Troppe sollecitazioni sono cadute nel vuoto ; troppe occasioni sono state perdute.
E oggi ne paghiamo il prezzo. Pur senza rinunciare alla prospettiva di scelte organiche e riforme condivise capaci di risolvere alla radice il problema giustizia, occorre nell'immediato scongiurare ulteriori esasperazioni e tensioni che possono solo aggravare un turbamento largamente avvertito e riconosciuto, e suscitare un effetto di deprimente lontananza dallo sforzo che si richiede per superare le molteplici prove cui, come ho detto, la comunità nazionale deve fare fronte.
Nella Costituzione e nella legge possono trovarsi i riferimenti di principio e i canali normativi e procedurali per far valere insieme le ragioni della legalità nel loro necessario rigore e le garanzie del giusto processo. Fuori di questo quadro, ci sono solo le tentazioni di conflitti istituzionali e di strappi mediatici che non possono condurre, per nessuno, a conclusioni di verità e di giustizia. Spero e confido che di ciò ci si renda conto sempre più diffusamente da ogni parte, e al di là delle diverse appartenenze politiche.»
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