SCUOLA - Il dibattito dentro e fuori il mondo della scuola, relativamente al carico del lavoro domestico (i compiti a casa), mai sopito negli ultimi cinquant'anni di storia repubblicana, sembra riprendere vigore e riacquistare centralità, alla luce anche delle riforme del primo decennio del nuovo millennio. Per certi versi, proprio la nuova declinazione del tempo scuola, tradottosi nella sostanza in una decisa riduzione delle ore di permanenza fra le mura scolastiche da dedicare alle attività di insegnamento/apprendimento, riportano in primo piano il problema, non tanto, e non solo, per quel che riguarda l'assoluto rispetto delle prerogative delle istituzioni scolastiche autonome, quanto per l'innegabile esigenza che una questione così delicata ed importante venga affrontata in un'ottica complessiva, ed è il caso di dirlo, in una dimensione "nazionale".
La riduzione del tempo scuola, nelle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, ha avuto come effetto immediato un innegabile restringimento della capacità delle scuole di poter dare in un minore numero di ore-scuola, un'offerta didattico-formativa che si richiede almeno uguale, se non addirittura superiore, agli standard tradizionalmente forniti. Un paradosso vero e proprio che è indice di logiche abbastanza discutibili di procedere da parte dei vertici dell'Istruzione che, negli annunci proclamavano la volontà di operare scelte che avrebbero dovuto consentire la costruzione di una scuola di qualità, tecnologicamente all'avanguardia e al passo con i tempi, per quanto concerne le competenze degli allievi, e nella sostanza, invece, si traduceva in una drastica riduzione della spesa e degli investimenti a sostegno di un progetto che avesse l'ambizione e il respiro lungo.
In una situazione in cui ormai sembra a tutti evidente il livello di allarmante precarietà e incertezza sulle prospettive future, anche il problema dei compiti a casa, della loro utilità ed importanza, per forza di cose si ripropone in un contesto di ripensamento del tempo scuola, della ridistribuzione delle discipline curriculari proporzionalmente al nuovo monte ore stabilito. Probabilmente si potrebbe ipotizzare una dislocazione di alcune discipline, quali ad esempio la religione, educazione fisica e attività laboratoriali, anche in tempi e spazi diversi dalla tradizionale fascia mattutina. Potrà sembrare un assurdo, ma il meccanismo che si è innescato porta inevitabilmente a dover fare i conti con delle incongruenze alle quali sarà necessario porre rimedio al più presto.
Per quanto riguarda il dibattito sempre vivo fra i favorevoli e i contrari al lavoro domestico degli alunni, ci sembra che la base teorica sia rimasta quella definita negli anni Sessanta del secolo scorso. Ribadita in tre diverse circolari ministeriali: la n. 62 del 20 febbraio 1964, avente per oggetto "Compiti scolastici da svolgere a casa e in classe"; la Circolare n. 431 del 30 ottobre 1965, che riferiva della risposta dell'allora Ministro della Pubblica Istruzione ad alcune interrogazioni parlamentari concernenti i compiti scolastici da svolgere a casa; e la n. 177 del 14 maggio 1969, con oggetto "Riposo festivo degli alunni. Compiti scolastici da svolgere a casa". I vertici del Dicastero della Pubblica Istruzione ci tenevano a precisare che, «Alla formazione culturale dell'alunno debbano concorrere sia l'azione didattica, attuata nella più viva collaborazione tra docente e discenti, sia il ripensamento individuale realizzato con il lavoro personale dell'alunno a casa. Ma di questi due momenti della preparazione culturale il primo è quello che più profondamente e durevolmente incide nello spirito dell'alunno; se esso difetta, difficilmente l'altro momento potrà consentirne un integrale recupero».
Un'affermazione talmente sacrosanta che non è mai stata messa in discussione in mezzo secolo di storia della scuola italiana e che oggi sembra giusto il caso di richiamare in tutta la sua attualità, proprio quando si potrebbe rischiare, dopo aver ridotto il tempo scuola, di cadere nella tentazione di finire per aumentare il carico di lavoro domestico degli alunni. Sempre nel pieno rispetto dell'autonomia scolastica e della libertà costituzionale dell'insegnamento. Mai strada sarebbe più sbagliata di questa!
(*) Pubblicato su Associazione Nazionale Docenti del 24 gennaio 2014
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