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Jobs Act di Renzi. Sui Dirigenti a termine opinioni opposte nel mondo della scuola (*)

La discussione sul Jobs Act presentato da Matteo Renzi è in pieno sviluppo e, come c'era da aspettarsi, non mancano i distinguo, mal di pancia e le prese di distanze. Tuttavia sono anche molti coloro che hanno colto l'innegabile segnale di novità e la portata dirompente del programma politico di riforma globale, che dovrà dettagliarsi ulteriormente nelle prossime settimane e diventare, come è scritto nella premessa, un vero e proprio documento tecnico.

Fra gli altri aspetti, il punto che ha sollevato una vivace discussione, è stato il n. 6 "Eliminazione della figura del dirigente a tempo indeterminato nel settore pubblico. Un dipendente pubblico è a tempo indeterminato se vince concorso. Un dirigente no. Stop allo strapotere delle burocrazie ministeriali".

Una vera e propria affermazione di principio che però va allo specifico e nel merito delle questioni di fondo, rispetto alle quali già da anni il Presidente dell'Associazione Nazionale Docenti (AND) Francesco Greco sta conducendo una vera e propria campagna per l'affermazione del principio di democrazia nella governance della scuola. Che ha quindi colto con favore l'impostazione del nuovo corso del leader del maggiore partito di governo italiano.

Non la pensa allo stesso modo, invece, Giorgio Rembado, Presidente della Federazione della Funzione Pubblica di CIDA che, in un comunicato, ha affermato che «su 165mila dirigenti delle Pubbliche Amministrazioni la grande maggioranza entra in carica per concorso» mentre, secondo Rembado, sarebbero solo qualche centinaio i dirigenti assunti per nomina diretta quasi esclusivamente nei Ministeri, Enti locali e Regioni.

Di parere completamente opposto Francesco Greco, Presidente AND, il quale punta dritto al cuore della questione e chiede di andare avanti nella direzione indicata dal Jobs Act e incominciare proprio dalla Scuola.

«Abbiamo più volte rappresentato - scrive Francesco Greco - l'esigenza indifferibile di superare l'attuale modello dirigistico e monocratico imposto alla scuola con l'inquadramento del capo di istituto nel ruolo burocratico della dirigenza amministrativa che sta producendo effetti nefasti anche nella stessa organizzazione scolastica e nei rapporti con le diverse componenti professionali che operano nella scuola. Dopo tre lustri di dirigenza scolastica - aggiunge il Presidente AND - le scuole hanno visto peggiorare in maniera esponenziale la qualità del clima scolastico, sono cresciuti i conflitti interni, di cui la manifestazione più evidente sono le diverse cause di mobbing pendenti nei tribunali italici, non è migliorata la qualità organizzativa della nostra scuola in termini di efficienza e di efficacia, né la qualità dei profitti dei nostri studenti. Molto meglio allora reimpostare il governo della nostra scuola su criteri democratici, con un preside eletto e a tempo, che continuare a spendere oltre 550 milioni di euro per mantenere un apparato di oltre 8.000 dirigenti scolastici. La proposta di Renzi - conclude Greco - ha, dunque, tutta la nostra attenzione, a lui e al PD, e alle altre forze politiche interessate, chiediamo che si parta dalla scuola con una riforma organica che proprio nella scuola possa valorizzare i principi cardini della nostra Costituzione».

(*) Pubblicato su Associazione Nazionale Docenti del 11 gennaio 2014

 

Pio G. Sangiovanni
13/01/2014
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