11 febbraio 1929. Lo Stato e la Santa Sede firmano un Concordato in nome della «Santissima Trinità». L'eredità e l'attualità di quell'accordo a ottant'anni di distanza. Parla Giovanni Miccoli, professore emerito di storia del cristianesimo all'Università di Trieste
Iaia Vantaggiato
Fonte: il Manifesto
STORIA - La legge - n. 810 - è del 29 maggio del 1929. Ma il Concordato di cui quella legge esegue il trattato, è datato 11 febbraio 1929. Ottant'anni giusti giusti proprio oggi. Un patto di ferro siglato dalla Santa Sede e dallo Stato italiano «In nome della Santissima Trinità». Imperdibile la premessa: «La Santa Sede e l'Italia hanno riconosciuto la convenienza di eliminare ogni ragione di dissidio fra loro esistente con l'addivenire ad una sistemazione definitiva dei reciproci rapporti». E mai ammissione sembrerebbe più attuale di così.
Ne parliamo con Giovanni Miccoli, professore emerito di Storia del Cristianesimo presso l'università di Trieste.
Quale, professore, il significato di quel Concordato?
Il Concordato del '29 si inserisce all'interno di un'accentuata tendenza della Santa Sede, già maturata a partire dall'800, a stipulare accordi con gli stati per reagire al crollo delle società sacrali, crollo di cui massimo emblema è stata la rivoluzione francese e quelle del '48.
Dunque lei vede il Concordato come uno strumento di difesa delle libertà ecclesiastiche? O come un tramite per recuperare favori dai poteri pubblici?
Questa sarebbe un'interpretazione riduttiva. Da parte della Chiesa, il Concordato rappresentava assai più semplicemente un'occasione di rilancio. Ma anche un modo per condannare gli errori dominanti del liberalismo e del laicismo. Posizioni, queste ultime, che volevano escludere la Chiesa dalla scena pubblica e che riducevano la religione a fatto privato. Il concordato rovesciava questo punto di vista.
Pio XI affermò che grazie al Concordato «i disordinamenti liberali erano stati eliminati».
Appunto. La grande aspirazione del Vaticano era di poter «cristianeggiare» non solo la vita privata ma a anche quella pubblica della società italiana.
Cristianizzazione a parte, qualcosa la Chiesa, col concordato, l'ha guadagnata o no?
Certo. Uno fra tutti, il riconoscimento degli effetti civili del matrimonio religioso, per non parlare delle prerogative degli enti ecclesiastici o con fini di culto, delle esenzioni fiscali, ...
Professor Miccoli, è ancora attuale quel Concordato?
Solo la storia e la storiografia potrebbero aiutarci. Il Concordato del '29 è stato profondamente modificato nel 1984.
Grazie a Craxi.
Sì. Una revisione complessa con la quale furono fatte cadere, per esempio, tutte quelle norme che facevano della religione cattolica la religione di Stato.
Revisione complessa la definisce. Perché? Non è buona norma che la religione cattolica non sia stata più considerata religione di Stato?
Vede, in quel momento si è persa una grande occasione.
Quale?
La possibilità, per esempio, di creare nelle scuole - come da varie parti allora si richiese - un insegnamento confessionale extracurriculum per chi lo voleva e un insegnamento di storia delle religioni aconfessionale.
Ottant'anni dall'11 febbraio del '29 e dalla firma di quel Concordato. E lo Stato italiano tutto sembra tranne che uno stato laico.
Il Concordato, l'inserimento del Patti Lateranensi nella Costituzione non hanno garantito la laicità dello stato e su questo non c'è alcun dubbio.
Affermazione pesante da parte di uno storico della Chiesa.
Il Concordato né ha garantito la laicità dello stato né a quella laicità è stato necessariamente contrario. E poi cosa significa laicità dello Stato? Neutralità rispetto alle confessioni religiose, alle ideologie, agli orientamenti morali o a quelli spirituali?
Laicità come diritto di cittadinanza?
Esatto ma fino a un certo punto. Tutti gli orientamenti di cui abbiamo parlato sinora hanno diritto di cittadinanza e nessuno può pretendere di prevaricare sugli altri. Cioè di incidere sulla legislazione dello Stato, una legislazione che deve tenere conto conto di tutte le posizioni presenti nell'arena pubblica e raggiungere, di volta in volta, mediazioni.
E' quello che ha fatto il tavolo valdese.
Esattamente.
E allora che cosa si è inceppato col Concordato?
Che non basta determinare regole, principi o norme.
Cosa serve o, meglio, cosa sarebbe servito?
Una laicità vera. Quella che non fa solo riferimento alle chiese e alle confessioni religiose ma che tira in ballo anche le ideologie politiche.
Sinistra compresa?
Sinistra compresa.
Gaffe sui lefebrvriani e sulle questioni bioetiche, scomuniche revocate e poi ripristinate. Ma questo Papa è isolato o no dentro al Vaticano?
Posso solo dire che, da parte ecclesiastica, si tende sempre più - contro il dettato del Concilio Vaticano II - a privilegiare la Verità sulla Libertà.
Ma resta lo stato.
Lì registro un'altra tendenza. Quella di servirsi strumentalmente degli appoggi ecclesiastici per i propri fini.
Vero è che la Chiesa troppo spesso si ingerisce in questioni che non dovrebbero riguardarla.
Secondo me si tratta di un equivoco. Non si può negare alla Chiesa e alle sue gerarchie di intervenire nell'arena pubblica. Il punto è un altro. Non si può reclamare piena obbedienza ai fedeli e poi gettare alle ortiche il principio della primaria responsabilità del laicato nelle realtà temporali.
C'è chi sostiene, nella Chiesa, che i diritti della persona umana siano anteriori alla legislazione degli stati.
E' un'affermazione folle. Si cancella il fatto che i diritti che ci sono riconosciuti e di cui siamo portatori sono frutto di lotte secolari che spesso hanno avuto proprio le gerarchie ecclesiastiche schierate sul versante opposto. Dall'abolizione della schiavitù alla dichiarazione dei diritti fondamentali.