ORSOMARSO - I violenti incendi che da mesi flagellano molte regioni d'Italia, compresa la Calabria e i comuni dell'alto Tirreno cosentino, negli ultimi giorni hanno creato gravi disagi nella comunità orsomarsese e per i tanti turisti e ospiti che nel mese di agosto tradizionalmente si recano in questo caratteristico centro del versante occidentale del parco nazionale del Pollino. Infatti a partire dalle ore 10 circa di martedì 22 e fino alle 18:30 è saltata la corrente elettrica mentre il collegamento telefonico fisso e mobile è stato completamente assente per ben tre giorni venendo finalmente ripristinato nel tardo pomeriggio di giovedì 24 agosto.
Una situazione molto seria che ha avuto conseguenze molto negative, a cominciare dalle attività commerciali, quali i negozi di generi alimentari, bar e ristoranti, alcuni dei quali hanno fatto ricorso a gruppi elettrogeni mentre altri hanno assistito impotenti al deteriorarsi di prodotti da conservare in banchi frigorifero a temperatura costante. Inoltre, l'interruzione del servizio di telefonia e della rete internet, ha ridotto Orsomarso in uno stato di isolamento e nell'impossibilità di effettuare qualsiasi richiesta di pronto soccorso in caso di emergenza; situazione alla quale ha cercato di rimediare il Comune con l'istituzione di un presidio mobile di ambulanza che stazionava nelle ore notturne nella piazza del paese.
Non si contano più ormai i roghi che hanno ridotto in cenere migliaia di ettari di macchia mediterranea ma anche di intere aree collinari con il tipico paesaggio agricolo della zona, ricoperto da uliveti, vigneti, frutteti di fichi, agrumi, pesche, prodotti orticoli ed ogni altra primizia che storicamente si caratterizzano come una produzione di nicchia capace di rappresentare in modo autentico anche la cultura e la storia di questo territorio. Sì, perché la folle azione criminale dei figuri che si rendono responsabili degli incendi, oltre a distruggere ogni forma di vita, sia vegetale che animale, devastano in modo probabilmente irreparabile quello che nel corso dei secoli generazioni di uomini e donne avevano costruito, con un paziente e duro lavoro che aveva modellato il paesaggio, quasi personalizzandolo a seconda delle esigenze e dei gusti anche estetici, tipici della loro innata operosità.
Di tutto ciò rimangono ormai i resti spettrali di muri di casolari e minuscoli ricoveri in pietra a secco, tronchi di querce e ulivi secolari devastati dalle fiamme, in mezzo a distese completamente incenerite nelle quali fra il nero dominante si individuano le tracce di sentieri e tratturi antichi, di terrazzamenti e altre opere di mantenimento del terreno, canalizzazioni, regimentazioni e arginature delle acque piovane finalizzate a prevenire il dissesto idrogeologico. Un'eredità pesantissima racchiusa in questo quadro davvero sinistro, che chiama tutti ad un'assunzione di responsabilità e rispetto al quale sarebbe un tragico errore girarsi dall'altra parte o, peggio ancora, rifugiarsi nei soliti piagnistei e nelle sterili polemiche che, ormai, non lasciano più neanche il tempo che trovano.
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