Intervento del Presidente Napolitano in occasione della celebrazione del Giorno della Memoria
Palazzo del Quirinale, 27/01/2012
Signori rappresentati del Parlamento e del governo,
Autorità,
Ragazze e Ragazzi,
Cari Ettore Scola e Gabriele Lavia,
Signore e Signori,
Sono lieto di accogliere ancora una volta i rappresentanti delle vittime dell'Olocausto e delle Comunità ebraiche e insieme con loro i rappresentanti dei deportati italiani nei campi nazisti, alcuni dei quali abbiamo poco fa salutato e onorato.
La Giornata della Memoria che abbiamo celebrato oggi è tra le più intense di questi ultimi anni. Per la forza politica e morale dei contributi del ministro Profumo e del Presidente Gattegna. Per le genuine, appassionate testimonianze degli studenti. Per il quadro ricco come non mai, che qui si è riflesso, delle iniziative indette, in tutto il paese; per il valore - in particolare - di realizzazioni come quella della mostra del Vittoriano sui ghetti nazisti in Polonia o come quella dell'elenco, reso accessibile online, degli oltre settemila cittadini ebrei vittime della persecuzione nazifascista in Italia durante la Repubblica sociale e l'occupazione tedesca. Insomma, il ricordo della Shoah come tragedia dell'Europa sta toccando livelli sempre più alti di consapevole partecipazione nel nostro Paese. Dobbiamo dire che a ciò ha certamente concorso l'istituzione per legge della Giornata della Memoria, per l'impulso che ha suscitato e propagato, in Italia, nelle istituzioni, nella scuola, nell'informazione, nella coscienza pubblica e in special modo tra le giovani generazioni.
E' stato bello ascoltare il racconto che il Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, il prof. Profumo, ci ha presentato del viaggio compiuto ad Auschwitz con oltre 180 studentesse e studenti. "Nessuno, dopo questo viaggio" - egli ci ha detto - "è più lo stesso". Vissi anch'io la stessa commozione quando visitai Auschwitz diciotto anni fa insieme con Giovanni Spadolini in rappresentanza del Parlamento italiano. Ed importante è stato il coronamento dell'omaggio ad Auschwitz in questi giorni con la firma del Protocollo tra il Ministero dell'Istruzione e l'Unione delle Comunità ebraiche italiane per fare della nostra scuola ancor più compiutamente "una scuola di memoria". Questo impegno rappresenta il miglior antidoto a quei rigurgiti di negazionismo e antisemitismo, di intolleranza e di violenza che il ministro ha denunciato come fenomeni, per quanto marginali, da stroncare sul nascere.
Ringrazio il Presidente Gattegna per i riconoscimenti che mi ha rivolto. Quando ho giurato da Presidente, l'ho fatto sapendo che il mio dovere e il mio sentimento mi conducevano a riflessioni, prese di posizione e sollecitazioni motivate e inequivoche contro l'antisemitismo in ogni suo travestimento, contro il razzismo, contro ogni violazione del principio di pari dignità ed eguaglianza davanti alla legge. Lo dice l'articolo 2 della Costituzione italiana. Lo dice l'articolo 2 del Trattato sull'Unione europea. Rileggiamolo:
"L'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini."
Si, l'Europa è questo. Non dimentichiamocene sol perché la nostra attenzione è oggi spasmodicamente concentrata sulla grave crisi finanziaria ed economica in atto da tre anni, sull'emergenza che ha investito l'Eurozona, sulle quotazioni, giorno per giorno, dei titoli del debito pubblico. Dobbiamo fare i conti con queste assillanti realtà, ma non perdiamo di vista il senso e i valori della costruzione europea. Le ragioni del nostro stare insieme sono lì, in quel fondamento di pace e di civiltà su cui l'Europa ha trovato la sua unità ed è chiamata a far leva per il suo futuro.
Il Cancelliere tedesco Signora Merkel ha parlato ieri - in un'importante intervista - del suo sentimento dell'Europa, "un continente col quale si può contribuire a plasmare il mondo", nel segno della dignità dell'uomo, di molteplici libertà e dello sviluppo sostenibile. Ella ha parlato, in termini che condivido e apprezzo, della sua visione dell'Europa come "Unione politica". E con una frase molto forte ha aggiunto : "L'Europa è la nostra fortuna... Se non avessimo l'Europa, forse anche la nostra generazione si farebbe la guerra". Si, ed ecco perché occorre essere vigilanti e fermi contro ogni ricaduta nel nazionalismo, nella ricerca del nemico, nel rifiuto del diverso.
L'amico Gattegna ha ricordato come l'unità europea sia nata anche dai percorsi di riesame critico, da parte della Germania e dell'Italia, delle scelte politiche e dei comportamenti tenuti negli anni Trenta e Quaranta.
Il primo a rivolgersi ai tedeschi perché apprendessero l'estremo orrore del nazismo fu, con i suoi radiomessaggi dall'America, un grande tedesco costretto all'esilio. Il 14 gennaio del 1945, mentre Hitler teneva ancora nella distruzione e nella menzogna una Germania sull'orlo della disfatta, Thomas Mann rivelò agli ascoltatori tedeschi che gli inviati della neutrale Svizzera, in missione umanitaria, avevano potuto vedere, prima che con la liberazione se ne aprissero i cancelli, i campi di Auschwitz e Birkenau, dove nel giro di un anno tra il '43 e il '44 erano stati uccisi 1.715.000 ebrei. E videro, quegli inviati svizzeri, disse Mann, "quello che nessun uomo sensibile è disposto a credere, se non l'ha visto con i propri occhi". Lo avrebbe visto con i propri occhi, come ci ha detto pochi minuti fa, Beatrice insieme con gli altri studenti che hanno partecipato al viaggio nella memoria.
Dopo che quello sterminio e la guerra furono finiti, il percorso autocritico fu intrapreso e portato avanti in Germania. E l'immagine più alta che ne fu trasmessa al mondo, è quella, rimasta in me impressa per sempre, di un grande uomo politico e di governo tedesco, Willy Brandt, che a Varsavia nel 1970 si piegò in ginocchio dinanzi al monumento alle vittime del Ghetto - lui che aveva combattuto contro il nazismo prendendo su di sé la croce del chiedere perdono a nome della Germania.
Noi italiani chiudemmo i conti con il nazifascismo e con il nostro passato più buio combattendo la guerra di Liberazione e dandoci la Costituzione repubblicana. Ma non abbiamo smesso di cercare e diffondere la verità, guidati anche dalla grande luce della testimonianza e del messaggio di Primo Levi. E su misfatti come quello delle leggi razziali del 1938 e della loro applicazione, abbiamo fatto conoscere la dura verità, negli ultimi anni come non mai.
Signore e Signori, cari ragazzi e ragazze, il significato più ampio di questa Giornata della Memoria lo ha nobilmente dichiarato qui il Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche quando ci ha detto : "Ferme restando le specificità della Shoah, che fu il tentativo di realizzare il genocidio perfetto ... questa deve essere la occasione di una riflessione condivisa che abbracci anche tutte le altre vittime di quella tragedia" : oltre che gli oppositori politici, "gli omosessuali, i disabili fisici e mentali, le popolazioni rom e sinti". Di qui la lezione che ho sentito ieri risuonare nelle parole di un alto magistrato - il Procuratore Generale della Corte di Cassazione - nella cerimonia per l'inaugurazione dell'Anno Giudiziario. Parole severe per bollare qualsiasi alibi si possa accampare per "legittimare l'oblio" - così egli si è espresso - "di quelli che vengono definiti diritti sottili o diritti degli ultimi", quegli ultimi, quei deboli già evocati in triste sequenza da Gattegna. Per fortuna, è stata la conclusione del magistrato, si è affermata "la tutela sopranazionale dei diritti umani e delle libertà fondamentali", la cultura del "diritto in grado di imporsi ai governi delle Nazioni", e quindi la storica conquista della "creazione di una giurisprudenza comune dei diritti umani".
Coltivare queste conquiste, contro ogni regressione, è il modo più giusto e fecondo di rendere omaggio alla memoria delle vittime della Shoah, al sacrificio, alla resistenza, alla rinascita dei popolo ebraico.