Roma, Luiss, 20/09/2013
«Gentile Presidente Marcegaglia,
gentile Professoressa Severino,
desidero innanzitutto rinnovare il mio vivo apprezzamento per l'iniziativa promossa dall'Università LUISS in ricordo di Loris D'Ambrosio: un'iniziativa che mi ha toccato istituzionalmente e personalmente per l'intensità del rapporto che ho intrattenuto con il collaboratore e l'amico cui era giusto dedicare non solo un memore omaggio ma una riflessione partecipe e accurata. E questo è stato l'incontro di studio che grazie ad apporti meditati e di alto livello si è risolto in una trattazione esaustiva dei molteplici aspetti del lungo impegno e servizio di Loris D'Ambrosio e in una seria considerazione di problematiche essenziali da lui coltivate negli anni.
Negli interventi che si sono succeduti, da ultimo in quello del Presidente Lupo, ho visto emergere la coerenza e continuità dell'ispirazione e del modo di operare di Loris D'Ambrosio nelle diverse, anche assai diverse, funzioni che egli è stato via via chiamato a svolgere. Quella coerenza e continuità che in sostanza sancisce la personalità e la moralità del civil servant. E ricorro a questa espressione, in quanto essa è più comprensiva del solo titolo di magistrato e ha - rispetto a più tradizionali definizioni italiane - finito per caratterizzare un modello di comportamento davvero indipendente da ogni connotazione particolaristica o partigiana, sinonimo di dedizione esclusiva all'interesse generale del paese e alle sue istituzioni democratiche.
Parto naturalmente dal titolo e dalla funzione di magistrato di cui Loris D'Ambrosio era orgogliosamente portatore. Il titolo di "impiegati pubblici", riferibile in Costituzione anche ai magistrati, non dovrebbe mai essere usato in senso spregiativo ma non può peraltro oscurare - da nessun punto di vista - la peculiarità e singolare complessità delle funzioni giudiziarie. Non c'è nulla di più impegnativo e delicato che amministrare giustizia, garantire quella rigorosa osservanza delle leggi, quel severo controllo di legalità, che rappresentano - come ho avuto più volte occasione di ribadire - "un imperativo assoluto per la salute della Repubblica". Anche la considerazione della peculiarità di questa funzione, e l'inequivoco rispetto per la magistratura che ne è investita, sono invece stati e sono spesso travolti nella spirale di contrapposizioni tra politica e giustizia che da troppi anni imperversa nel nostro paese.
Il superamento di tale fuorviante conflitto, gravido di conseguenze pesanti per la vita democratica in Italia, ha rappresentato l'obbiettivo costante del mio impegno fin dall'inizio del mandato di Presidente, e nessuno più di Loris D'Ambrosio mi ha aiutato a definirne i termini e le condizioni. E nulla è stato più paradossale e iniquo che vedere anche Loris divenire vittima di quello che il professor Fiandaca ha chiamato "un perverso giuoco politico-giudiziario e mediatico". La cui impronta mistificatoria si è fatta risentire proprio oggi forse in non casuale coincidenza con questo incontro.
Ma pur nel non sopito sdegno e nel cocente rimpianto per la tragica scomparsa di Loris D'Ambrosio, a noi tocca raccoglierne il testimone. E cioè operare perché la politica e la giustizia, e ancor più le istanze rappresentative dell'una e dell'altra, cessino - dichiarai dinanzi al CSM già nel febbraio 2008 - di "concepirsi ed esprimersi come mondi ostili, guidati dal sospetto reciproco, anziché uniti da una comune responsabilità istituzionale". Ci tocca operare in questo senso, senza arrenderci a resistenze ormai radicate e a nuove recrudescenze del conflitto da spegnere nell'interesse del paese. Forse - come qui si è detto - passando attraverso "un ridistanziamento tra politica e diritto".
E molto importante è il contributo che ci si deve attendere dalla magistratura. Lo sguardo di Loris D'Ambrosio è stato sempre esigente, e non acritico, verso la sua casa, verso il suo mondo : nella convinzione che ciò fosse necessario nell'interesse della stessa magistratura e di un suo rinnovato prestigio.
Il Consigliere D'Ambrosio mi ha, innanzitutto, sempre spinto a mettere l'accento sull'importanza decisiva della formazione non solo in senso culturale e tecnico-giuridico ma in senso deontologico cioè come acquisizione di modelli di comportamento ispirati a quei valori e criteri - l'equilibrio, la sobrietà ed il riserbo, l'assoluta imparzialità e il senso della misura e del limite - che sono il miglior presidio dell'autorità e dell'indipendenza del magistrato.
E sono certo che Loris D'Ambrosio avrebbe accolto con soddisfazione la forte, coraggiosa riflessione auto-critica che si è sollecitata e avviata giorni fa, in un dibattito a Milano, negli interventi di magistrati di grande esperienza, e di indiscutibile, fiera indipendenza e combattività.
Ne dovrebbe scaturire anche, tra i magistrati, un'attitudine meno difensiva e più propositiva rispetto al discorso sulle riforme di cui la giustizia ha indubbio bisogno da tempo e che sono pienamente collocabili nel quadro dei principi della Costituzione repubblicana.
Infine : il dottor Lupo ha detto l'essenziale anche sullo svolgimento, da parte di Loris D'Ambrosio, della funzione in cui è culminato il suo percorso al servizio delle istituzioni, e lo ringrazio per aver richiamato parole da me dette su Loris come Consigliere del Presidente della Repubblica. Vedete, l'esercizio del mandato presidenziale è obbiettivamente un esercizio solitario, per la stessa natura monocratica di questa istituzione. Esso può trovare un temperamento e un fondamento più sicuro solo nella qualità dei Consiglieri del Presidente, specie di quelli chiamati a dargli adeguato supporto in campi di sua particolare, diretta responsabilità costituzionale. Io ho avuto la fortuna di potermi avvalere del consiglio di Loris D'Ambrosio; ed è ciò che mi lega nel ricordo alla sua famiglia e ai tantissimi che lo stimarono e gli vollero bene.»
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