ORSOMARSO - È sicuramente destinato a riaprire l'antico dibattito e le polemiche sulla organizzazione e gestione delle aree protette in generale, il cartello posto all'ingresso della Riserva Naturale Orientata Valle del Fiume Argentino, lungo la strada che ne costeggia l'alveo in località Fiumara. L'intestazione è dell'Ufficio Biodiversità di Cosenza e vi si legge, infatti, che "È vietato l'accesso a persone e mezzi non autorizzati - Accesso regolamentato - D.M. Ambiente del 21.07.1987 n. 425". Non ci sarebbe nulla di strano se non fosse che ormai a 32 anni di distanza dalla istituzione della Riserva più famosa e visitata del Sud Italia, ancora non risulta sia stato elaborato ed approvato alcun regolamento ufficiale, secondo quanto previsto dallo stesso decreto firmato dall'allora ministro Pavan, con il visto del Guardasigilli Vassalli.
A Orsomarso i molti cittadini e proprietari di terreni ricadenti nel perimetro dell'area protetta, che cominciano a manifestare la loro preoccupazione, richiamano innanzitutto quanto previsto dall'articolo 4 del Decreto che testualmente stabilisce: "La gestione della riserva dovrà dotarsi di un apposito regolamento e di un piano di zonizzazione correlati con le finalità che hanno portato all'istituzione della riserva medesima e da sottoporre all'approvazione del Ministero dell'ambiente". Cosa che non è mai avvenuta nel trentennio ormai trascorso. Eppure l'articolo 5 dello stesso Decreto indicava nel merito anche le procedure da seguire, stabilendo che "I piani di gestione della riserva, redatti a norma del regolamento di cui al precedente art. 4, saranno concordati con il Ministero dell'ambiente, tenuto conto delle proposte e delle richieste eventualmente avanzate dalla regione Calabria e dal Comune di Orsomarso, fatti comunque salvi i vincoli propri della riserva".
Insomma, un percorso che non ha mai conosciuto la sua naturale conclusione con l'emanazione di un regolamento e dei conseguenti piani di gestione che avrebbero dovuto attuare pienamente le finalità istitutive di questa importante area protetta. In assenza di tali adempimenti però lo stesso Decreto all'articolo 6 dava indicazioni sul tipo di gestione, per così dire provvisoria e sulla normativa di riferimento da osservare. Ecco cosa stabilisce l'articolo 6: "In attesa dell'emanazione del regolamento di cui al precedente art.4, è consentito l'accesso nella riserva naturale per i compiti amministrativi e di sorveglianza, nonché dietro autorizzazione volta per volta, per ragioni di studio e per fini educativi, ed inoltre per realizzarvi interventi tendenti esclusivamente alla ricostruzione di ambienti naturali; l'accesso per altri motivi è regolamentato dal decreto ministeriale 15 dicembre 1984, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 74 del 27 marzo 1985; per il pascolo ed altre attività economiche valgono le prescrizioni di cui al decreto ministeriale 15 dicembre 1984 sopra citato".
Ed è proprio quest'ultimo decreto che ancora oggi sembra essere lo strumento giuridico di riferimento da utilizzare per la gestione della Riserva, nelle more dell'approvazione del regolamento, che all'art. 1 stabilisce: "L'accesso alle riserve naturali dello Stato, costituite su demanio di proprietà comunale, è libero per i residenti nel comune interessato nonché per i visitatori di altri comuni singoli od in piccoli gruppi. L'ufficio incaricato della gestione e della vigilanza tuttavia, può, per motivi di tutela naturalistica, d'intesa con le amministrazioni comunali interessate, stabilire il divieto di accesso in determinate zone o in determinati periodi nonché l'accesso lungo percorsi predeterminati o comunque ogni modalità di accesso ritenuta opportuna ai fini della gestione delle riserve". Lo stesso tipo di indicazione viene dato anche per quanto riguarda i "gruppi numerosi di comitive" per i quali l'accesso è consentito "sempre lungo itinerari prestabiliti" dall'ufficio incaricato della gestione e vigilanza "d'intesa tra le amministrazioni comunali interessate e detto ufficio".
Un ruolo, quello delle amministrazioni comunali che viene costantemente richiamato anche per quanto riguarda il rispetto degli "usi e i diritti locali in ordine alla raccolta della legna secca a terra nelle zone boscate" (art. 2), del pascolo (art. 3) e nella disposizione di "interventi colturali di miglioramento soprassuolo boschivo, anche al fine di soddisfare il diritto di legnatico delle popolazioni residenti", previo parere dell'ufficio di gestione che ha l'obbligo di predisporre una relazione tecnico-naturalistico-economica (art. 4). Concetti ribaditi, infine, anche all'art. 5, nel quale si danno disposizioni relativamente ai "piani di gestione faunistica, per migliorare qualitativamente e quantitativamente il patrimonio faunistico (...) e per garantire l'equilibrio biologico".
Una normativa, quella richiamata, che anche dopo l'istituzione del Parco Nazionale del Pollino, la legge quadro sulle aree protette e l'inserimento in un quadro europeo nelle Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e Zone di Protezione Speciale (ZPS), resta ancora alla base di qualsiasi impostazione organizzativa, tenendo innanzitutto conto che dei 3980 ettari di superficie della Riserva Naturale Orientata Valle del Fiume Argentino, l'area riconducibile al demanio comunale di Orsomarso è poco più di un terzo, mentre una parte molto consistente è rappresentata da terreni e boschi appartenenti a privati cittadini, i cui legittimi e sacrosanti diritti devono essere riconosciuti e tutelati. Mai come adesso, dunque, è necessario dare certezza di diritto e sostegno a comunità già fortemente provate da problematiche legate a congiunture economiche che ne mettono seriamente in discussione la stessa esistenza, in termini di futuro possibile, in paesi e luoghi nei quali affondano le loro radici culturali e la memoria storica. Del resto le aree protette sono nate proprio con la finalità di conciliare le esigenze di tutela e salvaguardia del patrimonio naturalistico-ambientale dei territori, e il grande obiettivo della valorizzazione e rilancio delle specificità e unicità dello straordinario patrimonio culturale, storico-artistico, etno-antropologico e socio-economico di popolazioni che da millenni le hanno abitate, modellandone il paesaggio con la loro quotidianità
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