SCALEA - «Alcune volte, anche nelle nostre comunità parrocchiali, corriamo i rischio di far transitare atteggiamenti mafiosi, quando si cerca di primeggiare a tutti i costi generando e operando ogni male nei confronti dei fratelli, semplicemente perché non la pensano come noi, che vorrebbero proporre un modo diverso di essere Chiesa o, peggio, quando si perseguono interessi personali nei luoghi resi preziosi per la presenza del Signore da testimoniare nella gratuità e nella solidarietà».
E' questo uno dei passaggi significativi delle riflessioni che don Cono Araugio, Vicario generale episcopale della Diocesi di San Marco-Scalea, ha voluto condividere con le centinaia di fedeli che mercoledì 16 luglio 2014 hanno partecipato alla tradizionale processione serale per le vie di Scalea, a conclusione dei solenni festeggiamenti dedicati alla Madonna del Carmelo.
Una riflessione che, partendo dal messaggio di Papa Francesco nella recente visita in Calabria, è andata al cuore dei problemi che hanno investito la cittadina alto tirrenica e che scuotono le coscienze chiamando ciascuno, dentro e fuori la Chiesa, ad una nuova etica della responsabilità e delle scelte. A partire dalle parole nette ed inequivocabili che Francesco ha pronunciato a Cassano: "Coloro che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati!"
Ma ecco alcuni dei passaggi salienti del discorso di Cono Araugio che si può leggere integralmente sul sito della Parrocchia San Giuseppe di Scalea e nel link che alleghiamo al presente articolo.
«Ma da quanto tempo a Scalea si è abbandonata la via dell'amore, della vita fatta di relazioni familiari vissute nella povertà, nella semplicità, nel sacrificio e ci si è avviati in modo sistematico verso il male alimentato dal guadagno facile, dall'illegalità alimentati dai piaceri ricevuti dagli amici e non dal rispetto della legalità. Alcune volte questa domanda la pongo ad interlocutori che ritengo qualificati, proprio perché si fanno promotori o cercano di impegnarsi in attività sociali e politiche orientate all'emancipazione del territorio.
Le risposte che vengono date esprimono una semplice non conoscenza della vita sociale qui a Scalea o più semplicemente la volontà di andare in profondità al malessere che attraversa il nostro territorio, d'altra parte anche chi, stabilmente, ha vissuto l'impegno politico ed educativo, non sempre ha avuto la capacità o la volontà di uscire dal palazzo e percorrere la sempre più estesa e abbandonata periferia urbanizzata.
Se dovessi fare una ipotesi di inizio, potremmo andare a circa trenta anni fa, quando la violenza velata o pubblica, sistematica o occasionale alimentata da un clima di diffuso e assordante silenzio omertoso, in stretta concomitanza con lo sviluppo edilizio in chiave turistica, la presenza della droga, la diffusione della prostituzione ha percorso in modo sistematico le vie e le famiglie della nostra città. E' ovvio che questi fenomeni non hanno riguardato solo Scalea, occorrerebbe allo chiedersi come mai solo Scalea ha subito le conseguenze nefaste di un commissariamento che non contribuisce certamente allo sviluppo e alla crescita del territorio. Abbiamo paesi vicini dove i fatti di sangue non sono mancati, però hanno avuto la forza politica e sociale di fare da argine allo strapotere dei violenti. Probabilmente questa arrendevolezza è dovuta al forte processo di spersonalizzazione che il territorio, ormai da decenni, vive a motivo del fenomeno immigratorio e alla debolezza politica di questa fase storica. Per cui il malaffare ha avuto gioco facile a interagire e a prevalere, naturalmente ha contribuito a questa deriva istituzionale, anche la presenza di vicini alla ricerca di facili palcoscenici ha contribuito all'affossamento definitivo.
Tutto questo ha anche troncato le speranze e le vite di tanti nostri figli, a quel tempo amici con i quali per anni abbiamo camminato e giocato insieme in modo gioioso e sereno. Con i quali abbiamo fatto anche attività di formazione cristiana e che oggi percorrono strade totalmente lontane da quanto ci avevano insegnato i nostri genitori. Per alcuni, la vita è stata stroncata presto, in modo violento. Altri oggi son in prigione essendosi caricati di crimini e di azioni violente. Oggi il malaffare appare profondamente radicato nella vita della città e non sarà facile rimuovere un modo di pensare che non è supportato dalla voglia di cambiare in modo radicale, anche perché sostanzialmente si pensa che tutto sommato è meglio il men peggio, insomma quello che conta è che non ci si coinvolga troppo. Per non dimenticare tanta devianza e distruzione di futuro e per i giovani che oggi abitano Scalea, il Santo Padre invoca per questi nostri fratelli e sorelle un futuro di speranza ... Voi, cari giovani, non lasciatevi rubare la speranza! L'ho detto tante volte e lo ripeto una volta in più: non lasciatevi rubare la speranza! Adorando Gesù nei vostri cuori e rimanendo uniti a Lui saprete opporvi al male, alle ingiustizie, alla violenza con la forza del bene, del vero e del bello.»
LEGGI IL TESTO INTEGRALE DELLE RIFLESSIONI DI DON CONO ARAUGIO