LA LOCANDINA di don Giovanni Mazzillo - Gesù ha presentato se stesso come il consacrato di Dio per una missione di liberazione e di salvezza. L'ha fatto a Nazareth, nella sinagoga della sua città. Non per questo è accettato. Al contrario, proprio la conoscenza che la popolazione locale crede di avere di lui, impedisce di cogliere il Mistero che brilla nei suoi occhi e nelle sue parole. Viene espulso dalla sinagoga e alcuni facinorosi tentano persino di farlo precipitare da un dirupo del luogo. Egli però sfugge alle loro mani e si allontana. Rivive la sorte di tanti profeti, come il profeta Geremia (prima lettura). Proprio i profeti, pur mandati per richiamare il popolo alla giustizia e alla pace, sono rigettati e perseguitati. Ma il regno di Dio non si ferma, va avanti in altri modi e per altre strade che gli uomini non conoscono.
PREGHIERA
Solo più tardi ho scoperto, Gesù,
timore e fascino di questa grotta
sotto l'altare maggiore.
Altare che sembrava chiamarmi
fino a quando non l'avessi salito, da sacerdote, a mia volta.
Ma lì sotto c'era anche l'eterna dimora dei miei precursori,
in abiti sacerdotali seduti su scranni di pietra,
come se fossero sempre pronti a rispondere
al coro al di sopra di loro.
Questa volta penso più al tuo profeta
calato vivo in una cisterna senz'acqua,
sì a Geremia, per aver osato, come Te,
richiamare tutti a cercare tanto più in alto
quanto più nel profondo quel legame con te,
che né tempio, né legge alcuna emanata in tuo nome
potranno mai rimpiazzare....
A Nazareth tentarono di buttare anche Te in un abisso
proprio presso le strade e le piazze che avevano visto
con te crescere anche i Tuoi sogni: i sogni di Dio,
ma Tu quella volta riuscisti a sfuggirli.
Non vinsero e non vinceranno giammai
quanti credono di uccidere con il profeta
il suo annuncio.
È l'annuncio che oggi ci affidi,
risalendo sempre da un baratro, in cui se non noi,
precipita sovente la nostra speranza.
Aiutaci nella prova a restarti fedeli: Amen! (GM/31/01/13)
Profeta Geremìa (1,4-5.17-19) - Nei giorni del re Giosìa, mi fu rivolta questa parola del Signore: «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni. Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi, àlzati e di' loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaventarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro. Ed ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti».
Vangelo di Luca (4,21-30)- In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: "Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!"». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». All'udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.