LA LOCANDINA di don Giovanni Mazzillo - La sposa, abbandonata a causa delle sue innumerevoli infedeltà, sarà ricondotta dal suo stesso Sposo come ad un nuovo convegno matrimoniale. Sarà richiamata per nome, perché pronunci nuovamente il suo "sì", e riceva la corona di una regina, proprio lei che era stata ridotta al rango di una schiava. Sarà d'ora in poi la "gioia" e il "compiacimento" del Signore. Tale promessa, contenuta nella prima lettura, che anticipava nella speranza il tempo della ricostruzione dopo l'esilio, sembra ricevere una nuova e definitiva conferma nel Vangelo odierno, dove si narra il matrimonio di Cana, alla presenza di Gesù, di sua madre e dei suoi discepoli. Di costoro si dice espressamente che in tale occasione Gesù manifestò loro la sua gloria (efanérōsen tēn doxan) ed essi credettero in lui. È la terza forma di rivelazione, dopo quella ai Magi e al popolo di Dio presso il fiume Giordano durante il suo battesimo. Possiamo chiamarla la rivelazione della convivialità, dopo quella della universalità e della appartenenza al suo popolo. Si tratta di una convivialità sponsale, che è fonte di gioia. La gioia della festa del connubio definitivo, che avviene, tramite Gesù, tra Dio e il suo popolo. D'ora in poi "qualunque cosa Egli dirà" va assecondata, come insegna Maria nello stesso racconto, perché abbiamo comunque sempre da guadagnarci e mai da perdere.
PREGHIERA
Voglio fare anch'io qualunque cosa Tu chieda,
voglio farla, o Gesù, con la gioia nel cuore
di chi sente la festa pur nel tran tran d'ogni giorno.
Guardo talora qui tra le giare e le vedo
colme solo di acqua
e in qualche caso di lacrime:
più che le mie, sono quelle
di fratelli davvero più sfortunati.
Guardo e mi chiedo come ciò possa accadere.
Ma solo allora i Tuoi occhi incontrano i miei,
e sono quelli di chi fino in fondo
ha conosciuto il soffrire.
Tuttavia, Tu me lo riveli, non se n'è fatto schiacciare.
Ha sentito la festa più forte del lutto:
la festa per tutti, da condurre
finalmente alla gioia più piena (GM/17/01/13)
Isaia (62,1-5) - "Per amore di Sion non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo, finché non sorga come aurora la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come lampada. Allora le genti vedranno la tua giustizia, tutti i re la tua gloria; sarai chiamata con un nome nuovo, che la bocca del Signore indicherà. Sarai una magnifica corona nella mano del Signore, un diadema regale nella palma del tuo Dio. Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata, perché il Signore troverà in te la sua delizia e la tua terra avrà uno sposo. Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposeranno i tuoi figli; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te.
Vangelo di Giovanni (2,1-12) - In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d'acqua le anfore»; e le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto - il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l'acqua - chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all'inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l'inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.