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Maria: essere madre all'interno di un progetto che ha come fine la felicità degli uomini

LA LOCANDINA di don Giovanni Mazzillo - L'invito a gioire, rivolto domenica scorsa a tutti (chaÍrete), lo ritroviamo oggi nell'annunciazione (chaÎre). Maria è invitata a rallegrarsi più che con un saluto (come tradotto dalla parola latina Ave!), con un verbo all'imperativo, avente il senso di una lieta notizia. La stessa che già nel cosiddetto protovangelo della Genesi annunciava la sconfitta del serpente, simbolo del male (Gen 3,15). Alla nascita di Gesù saranno invitati alla gioia anche i pastori e quanti in un modo o in un altro entreranno in contatto con lui. Intanto c'è bisogno che Gesù entri nel mondo in una maniera umanamente plausibile. E ciò avviene attraverso la collaborazione di Maria, che accetta il compito di essere madre all'interno di un progetto avente come fine la felicità degli uomini. Sarà Lei stessa, secondo le indicazioni del messaggero di Dio, a dare il nome a Gesù, facendo ciò che faceva normalmente il padre in ogni famiglia. Ma ora il Padre è un altro ed è proprio Lui che vuole che suo Figlio, divenuto anche figlio di Maria, sia chiamato con un nome che ne indica la natura e la missione: Gesù, che significa "Dio salva". Sicché Dio stesso verrà ad abitare sulla terra, ma non in un semplice tempio o in una casa fatta da uomini (1^ lettura), ma nel corpo fisico di Maria, prima, e nel corpo sociale di un popolo, poi. In quel popolo di Dio che lo invoca e lo attende da innumerevoli anni. 

PREGHIERA
«Monstra te esse matrem»! Ave, Madre dolcissima!
Per te non c'era bisogno di questa preghiera accorata:
tu che Madre divieni e rimani, dando alla luce la Luce,
il frutto del tuo grembo, che è Figlio di Dio,
tu Benedetta fra tutte le donne!
Da quando, prima di portarlo sulle braccia,
lo portavi nel grembo e prima ancora teneramente nel cuore,
sapevi che con lui portavi anche noi,
i suoi fratelli venuti prima e dopo di lui sulla terra,
e che un giorno egli stesso t'avrebbe affidato tutti come tuoi figli.
Madre, ora che il natale ritorna di quell'incantevole Figlio,
possa ogni uomo sentire che in te ritrova la casa e la patria,
il cielo e la terra in quell'unico abbraccio
con cui abbracciavi il tuo Figlio,
e con cui ora, ti preghiamo, abbraccia anche noi.
Allora anche il dolore scomparirà, come quando
nei giorni felici la mamma soffiava sulle nostre ferite di bambini
come a scacciarle e smettevamo di piangere.
Altre ferite ci sono toccate e ci toccano
che certo non vanno via in un soffio, ma tu prova ugualmente
a rimarginarle nella nostra esistenza, o almeno,
aiutaci ad avere la forza di accettarle, per andare avanti con gioia:
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen! (GM/18/12/11)

Vangelo di Luca (1,26-38) - In quel tempo, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l'angelo si allontanò da lei.

17/12/2011

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