Salerno - "L'Italia è impegnata in uno sforzo assolutamente indispensabile ed ineludibile di riordinamento, di risanamento della finanza pubblica e di contenimento del debito e della spesa pubblica corrente; ma questo non può far perdere di vista l'imperativo della crescita, che poi è un imperativo vitale per il nostro Mezzogiorno ed è l'imperativo cui siamo tutti tenuti, perché riguarda il futuro dei nostri giovani". Lo ha affermato il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al Teatro Augusteo di Salerno incontrando gli amministratori locali.
Per il Capo dello Stato questa "è la questione numero uno oggi esistente nel nostro Paese". "Noi possiamo anche registrare - ha aggiunto - con relativa soddisfazione che il tasso della disoccupazione complessiva nazionale è minore rispetto a quello dei grandi paesi europei, ma sappiamo che questo tasso nazionale comprende in sé un livello enormemente più elevato per le giovani generazioni, per i giovani dai 15 ai 29 anni, troppi dei quali oggi si trovano (condizione che è stata analizzata anche statisticamente) senza lavoro pur avendo concluso il ciclo della formazione educativa e non essendo nemmeno impegnati in attività di addestramento professionale".
Il Presidente Napolitano ha affrontato nel suo intervento il tema dello sviluppo del Mezzogiorno: "Non ci si può comunque abbandonare - ha detto - a rappresentazioni fuorvianti, spesso caricaturali, tutte in nero del Sud e tutte in bianco, anzi in bianco-oro, del Centro-Nord". "E' indubbio - ha aggiunto - che ci debba essere per il Mezzogiorno più coordinamento, più 'regia' al livello nazionale".
Per il Presidente "una questione di risorse finanziarie pubbliche per il Mezzogiorno - di risorse che siano non solo programmate ma rese realmente disponibili - esiste certamente; ma esiste non meno seriamente una questione di capacità di selezione, di progettazione, di attuazione, la quale chiama in causa diverse responsabilità, compresa in particolare quella delle Regioni".
"I veri meridionalisti - ha proseguito il Capo dello Stato - non sono mai indulgenti, e non possono esserlo ora, verso quel che non va nel Mezzogiorno ; e dunque verso le insufficienze che le classi dirigenti, le rappresentanze istituzionali, le amministrazioni pubbliche e, in definitiva, le forze politiche hanno mostrato nel Mezzogiorno dinanzi alle prove dell'autogoverno regionale e che vengono oggi al pettine nel processo di attuazione del federalismo fiscale".
"Quello che davvero conta - ha rilevato il Presidente Napolitano concludendo la parte del suo intervento, dedicata a considerazioni generali di carattere politico-istituzionale - è andare verso una stagione di più lungimirante e produttivo confronto su grandi questioni sociali e di sviluppo futuro del Paese".
Il Presidente della Repubblica ha anche ricordato il sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, ucciso giorni fa, "il sindaco che ha fatto onore al Mezzogiorno - ha detto - ha dato l'immagine di storiche virtù del Mezzogiorno".
"Il fatto che negli ultimi giorni si sia manifestata crescente fiducia nella possibile prosecuzione dell'attività governativa e parlamentare segna per me, sia chiaro, un'evoluzione auspicabile e costruttiva", ha detto il Presidente Napolitano manifestando " apprezzamento per le impegnative valutazioni recentemente espresse dal presidente Berlusconi in ordine alla prosecuzione ed al rilancio dell'attività di Governo parlamentare".
"A metà agosto avevo suggerito - ha ricordato il Capo dello Stato - una riflessione per tutte le forze politiche sull'interrogativo relativo a quali potessero essere le conseguenze per il paese del precipitare della situazione verso un vuoto politico e verso un durissimo scontro elettorale. Questa doveva essere, come sempre è stata, la preoccupazione del Presidente della Repubblica, per il quale attenzione ai problemi e agli interessi generali del paese e garanzia di continuità della vita istituzionale fanno tutt'uno".
"Si sono invece succeduti per settimane - ha proseguito - ogni giorno, interventi orientati in tutt'altro senso, in allusiva polemica (allusiva e non sempre garbata) nei miei confronti". "Mi si è così premurosamente spiegato - ha detto - come il ricorso al popolo - ovvero alle urne - sia il sale della democrazia e il balsamo per tutte le sue febbri; e si è mostrato stupore per il fatto che il Presidente della Repubblica non apparisse pronto, con la penna in mano, a firmare un decreto di scioglimento delle Camere".
"Il particolare che così veniva trascurato è che la vita di un Paese democratico e delle sue istituzioni elettive, nelle quali si esprime la volontà popolare, deve essere ordinata secondo regole per potersi svolgere in modo fecondo, per poter produrre i risultati attesi".
Tra queste regole - ha concluso il Presidente - "vi è in ogni Paese democratico quella di una durata prestabilita delle legislature parlamentari, per il tempo considerato necessario - nella Costituzione italiana, e quasi dovunque, cinque anni - a cercare e finire soluzioni anche per problemi complessi e di non breve periodo. Di qui il valore della stabilità politico-istituzionale : a cui d'altronde si era ispirata già la riforma elettorale del 1993, e avevano di fatto corrisposto gli sforzi politici necessari per consentire il pieno, normale svolgimento per cinque anni delle legislature 1996-2001 e 2001-2006".