ITALIA DEI DIRITTI - Lascia a dir poco sconcertati l'uscita infelice del ministro dell'Economia Giulio Tremonti che ha candidamente sostenuto che la sicurezza nei luoghi di lavoro sia "un lusso che non possiamo permetterci". È un fatto molto grave rispetto al quale non si può minimizzare e a nulla vale il tentativo di chiarimento fornito dalla portavoce del super ministro che si è affrettata a ridimensionare la portata dirompente di quelle affermazioni sostenendo che "Tremonti si riferiva alla giurisdizione europea e alla sua estensione eccessiva rispetto all'obiettivo sulla sicurezza del lavoro, che resta invece essenziale". Una interpretazione abbastanza sibillina che non chiarisce proprio niente e, anzi, allunga un'ombra sulla considerazione che si ha rispetto all'Unione Europea e alle norme in vigore che rappresentano un autentico baluardo in difesa del diritto alla sicurezza e alla vita per tutti quelli che lavorano o che frequentano qualsiasi luogo aperto al pubblico, come può essere una scuola.
Del resto il rosario quotidiano di notizie che riferiscono di incidenti mortali sul lavoro, impropriamente definiti "morti bianche", che uniscono l'Italia da Nord a Sud, dimostrano con la massima chiarezza che le norme in materia di sicurezza ci sono ma che, puntualmente non vengono rispettate. Ed è proprio questo che dovrebbe garantire chi riveste un incarico di governo così importante come il capo del dicastero dell'Economia e delle Finanze ponendosi in linea, tra l'altro, con quanto puntualmente e responsabilmente ha più volte ribadito il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Ma, evidentemente, siamo di fronte a visioni diverse per cui, da una parte si pone al centro la tutela della salute della persona, dall'altra si vuole lasciare libero sfogo al mercato selvaggio e al profitto anche a costo di "qualche" sacrificio umano.
Nel merito poi il ministro Tremonti dimostra di essere poco aggiornato rispetto alla normativa vigente in materia di sicurezza sul lavoro. Ha citato infatti la Legge 626/1994 che è stata abrogata da oltre due anni dal Decreto Legislativo 81/2008, noto come "Testo Unico in materia di Sicurezza sul Lavoro". Legge che, circa un anno fa, ha subito importanti modifiche proprio su iniziativa del Governo di cui il ministro dell'Economia è parte non secondaria, con il D.Lgs. 106 del 20 agosto 2009, che ne ha novellato circa la metà degli articoli al punto che c'è chi parla di un "nuovo testo unico". Ma, data l'imprecisione, evidentemente per il ministro non fa alcuna differenza visto che liquida norme che dovrebbero dimostrare il grado di civiltà di un popolo, come "regole inutili", "un lusso che non possiamo permetterci".
Come dobbiamo interpretare allora il verbo di Tremonti quando afferma che "siamo in un mondo dove tutto e' vietato tranne quello che e' concesso dallo Stato". E, "Sono l'Unione europea e l'Italia che si devono adeguare al mondo"?. A quale modello fa riferimento il titolare del più potente dicastero del Governo Berlusconi. Forse a quello del capitalismo selvaggio cinese nel quale trionfano lo sfruttamento barbaro e il lavoro nero? Oppure vuole esaltare e premiare i "furbi" che evadono le tasse e ignorano completamente le regole sulla sicurezza mettendo quotidianamente a rischio la vita dei lavoratori e dei cittadini ?
Mi sembra molto inquietante la prospettiva disegnata dalle dichiarazioni di Tremonti che si pongono in evidente violazione del dettato costituzionale che è invece incardinato proprio sul rispetto dei diritti inviolabili di tutti i cittadini: "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale" (art. 2). O forse l'interpretazione autentica delle dichiarazioni del ministro riguarda proprio questo principio fondamentale della Costituzione della Repubblica italiana?