LA LOCANDINA di don Giovanni Mazzillo - Tra i numerosi temi di questa domenica si può cogliere quello che mette in rapporto malattia, guarigione e servizio degli altri. La prima lettura, tratta dal libro di Giobbe, è un'accorata esposizione dei propri malanni, da parte di un uomo che confessa la caduta delle sue illusioni e persino il suo tedio della vita. Fa un consuntivo degli anni trascorsi: gli sembra che siano stati del tutto inutili e fuggiti via prima di potersene accorgere, prima di realizzare i suoi desideri: "più veloci di d'una spola, sono finiti senza speranza". Ha però ancora un briciolo di forza: il suo disincanto diventa invocazione a Colui che è l'unico a poter ricordare le sue lacrime, perché non è insensibile al nostro patire. Proprio come Gesù nel Vangelo. A lui "subito" raccomandano la donna che giace gravemente ammalata in quella stessa casa nella quale si è recato. E senz'indugio egli la prende per mano ed ella si alza dal letto e inizia a servire Gesù e gli altri che sono con lui. Gesù ci prende per mano, ci alza in piedi, perché serviamo chi ci sta vicino. Ci sorreggiamo e guariamo dandoci la mano l'uno con l'altro, imparando a servirci l'un l'altro. Quando questo succede, il Regno di Dio è già iniziato e bisogna annunciarlo dappertutto. Le malattie sono tante, e altrettante le ossessioni. Non saranno tutte riconducibili all'ossessione di se stessi, che ci butta in prostrazione e ci rende facile preda del male o del Maligno che sia?
(L'immagine mostra un otre poggiato su un tappeto, sotto un cielo stellato. Il rimando è al Salmo 55(56),9: “I passi del mio vagare tu li hai contati, le mie lacrime nell'otre tuo raccogli; non sono forse scritte nel tuo libro?” e a Lc 10,20 “rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli”)
PREGHIERA
L'otre ci sembra talvolta già colmo di lacrime,
così come si colma il silenzio della notte
dei lamenti di chi, più sfortunato di noi,
attende insonne l'aurora, solo per desiderare
che scenda presto la notte...
Ma che cos'è questa vita
che Tu ci hai dato, Signore?
E perché tanto dolore,
che sovente ci incatena alle nostre abitudini?
A queste domande tu rispondi
afferrando la nostra mano
e rimettendoci in piedi,
perché impariamo ad aver cura degli altri
e così noi guariamo...
Tu che non dimentichi le nostre ore d'angoscia,
fa’ che noi non dimentichiamo
di aiutarti a scrivere i nostri nomi
nel cielo! Amen! (GM/08/02/09)
Libro di Giobbe (7,1-4.6-7) - Giobbe parlò e disse: «L’uomo non compie forse un duro servizio sulla terra e i suoi giorni non sono come quelli d’un mercenario? Come lo schiavo sospira l’ombra e come il mercenario aspetta il suo salario, così a me sono toccati mesi d’illusione e notti di affanno mi sono state assegnate. Se mi corico dico: “Quando mi alzerò?”. La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all’alba. I miei giorni scorrono più veloci d’una spola, svaniscono senza un filo di speranza. Ricòrdati che un soffio è la mia vita: il mio occhio non rivedrà più il bene».
Vangelo secondo Marco (1,29-39) - In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva. Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano. Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.