Beppe Severgnini - Corriere della Sera del 5 febbraio 09
Il Papa non era al corrente delle dichiarazioni negazioniste del vescovo Williamson, al momento della remissione della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani? E non aveva pensato che la decisione coincidesse col 50° anniversario dell'annuncio del Concilio Vaticano II? Ci crediamo. Ma possiamo dire - da osservatori distanti, da cattolici incompetenti - che ciò appare stupefacente? Una svista così possiamo aspettarcela da un governo, per sua natura provvisorio; non dal Vaticano, per definizione definitivo, cauto e informato.
Possiamo aggiungere - con rispetto - una preoccupazione? Questa lezione di teologia continua non rischia di spegnere quello che il sorriso di Giovanni XXIII aveva acceso? I princìpi sono importanti; ma gli uomini, in tempi come questi, hanno bisogno di comprensione e rassicurazione. Qualcuno direbbe: hanno bisogno di amore.
Circondato dall'affetto sospetto degli atei devoti e dall'adulazione interessata degli incoerenti, il Vaticano da tempo istruisce, ammonisce, invita alla perfezione. Ma spesso sembra di vederlo dal lato sbagliato di un cannocchiale: una presenza distante, irraggiungibile. Gli imperfetti guardano, chiamano piano: ma nessuno risponde.
Papa Giovanni XXIII - i cui ritratti ingenui adornano ancora le case degli italiani - aveva capito che bisogna andare incontro agli uomini, non aspettarli. Alberto Melloni, sul "Corriere" del 3 febbraio, ha usato una frase illuminante: "Quella speranza che oggi tutti consegnano a Obama, allora guardò alla Chiesa di Roma (...). Il concilio non fu un'idea, un testo da manovrare ermeneuticamente, ma un evento nel quale la Chiesa ha cercato a mani nude, nelle macerie del Novecento, chiamate di obbedienza più esigenti di quella che era la comoda routine intransigente".
Credo che molte vocazioni, devozioni ed educazioni familiari abbiano le radici in quel periodo. Una voce nuova per un mondo nuovo. Nessuno chiede che la Chiesa sia progressista. Vogliamo molto di più: speriamo sia lungimirante.
I pontefici che hanno scaldato i cuori hanno svegliato i giovani. Papa Roncalli, magnifico bergamasco, non è rimasto solo. Lo ha seguito, nel suo brevissimo pontificato, Giovanni Paolo I, provocando stupore riconoscente. Lo ha rilanciato, lungamente e potentemente, Giovanni Paolo II, che pure non era morbido in materia di dottrina.
Potrebbe farlo - è tempo, è in tempo - Benedetto XVI.
Non è discutendo con i lefebvriani che si riconquistano i ragazzi italiani (e non solo). La Chiesa s'è guadagnata rispetto e attenzione discutendo con noi di sesso nelle ore di religione (grazie don Carlo), e giocandosela a pallone sulla terra degli oratori. Antonio Piloni, si chiamava il curato del Duomo, a Crema, negli anni Sessanta. Se alla domenica la cattedrale è piena, e don Emilio è contento, è anche per merito suo.
Non amo scrivere di questi argomenti: dichiararsi cattolico sui giornali è ormai una furbizia o una dichiarazione di guerra. Ma sento, dentro e fuori di me, un disagio crescente. E lo scrivo, consapevole che non servirà a niente.