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Esaltazione della croce, dell'infinito amore

LA LOCANDINA di don Giovanni Mazzillo - Gerusalemme, 14 settembre 335: dopo la costruzione e dedicazione della Chiesa del "Santo Sepolcro", voluta dall'imperatore Costantino, viene presentata al popolo la reliquia della croce. Da allora in poi la festa dell'esaltazione della croce comincia ad affermarsi tanto in Oriente quanto in Occidente. La lettera di Paolo ai Filippesi e il Vangelo di Giovanni considerano l'umiliazione di Gesù e la sua morte in croce come parte integrante dello stesso movimento della sua esaltazione e della celebrazione della sua gloria. Ma quale gloria, visto che la croce non era altro che un orribile strumento di tortura? La celebrazione di un amore radicale, quello di Dio, che non si tira mai indietro, nemmeno dinanzi alla peggiore delle torture e alla morte stessa. In Gesù lo stesso amore di Dio si può considerare un tormento così grande, che nemmeno il tormento della morte riesce a fermarlo. In tutto ciò l'amore consuma e celebra compiutamente se stesso. Parlare dell'esaltazione della croce è parlare di quest'infinito, inarrestabile amore, che proprio perché è amore di Dio, infinitamente trionfa sulla morte e sul niente che l'avvolge, per manifestarsi come pienezza e trionfo della vita.
(L'immagine, tratta da "Servizio della Parola" (399), mostra un'ombra umana che alza un braccio verso la croce posta in alto nello stesso spazio delimitato da due linee rette)

PREGHIERA
Oggi, Gesù, solo due linee e un baratro dal quale
un'ombra umana s'affaccia e invoca il tuo aiuto,
l'aiuto chiesto a chi pende da una croce,
ma che è il trionfo della più grande
delle ingiustizie della storia...
Due baratri allora, Signore,
e due inenarrabili solitudini,
quella tua e quella nostra,
dove rischiamo di precipitare ogni giorno ?
No, Gesù, ma solo un unico abisso,
che è lo stesso nel quale
anche tu precipitavi, con tuttavia
una tale potenza d'amore negli occhi e nel cuore,
da far impallidire l'inferno e lo stesso
suo illimitato naufragio...
Fu così che l'amore ti elevò dalla morte,
pur sperimentata fino alla feccia,
e ti collocò al di sopra di ogni possibile nome
di quanti hanno amato e ancora ameranno,
perché il tuo amore infinito
da quella croce ancora ci parla e ci eleva,
ci sfida e c'innalza. (GM/14/09/08)

Vangelo di Giovanni (16,13-20) - In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».

Lettera ai Filippesi (2,6-11) - Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.

13/09/2008

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Fonte: http://www.abystron.org/expo/rubriche/la-locandina/la-locandina-2008/settembre-2008-/esaltazione-della-croce.aspx
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