L'Europa potrebbe ottenere entro il 2050 la quasi totalità del suo fabbisogno energetico da fonti pulite, senza ricorrere a combustibili fossili o al nucleare. A sostenerlo è un rapporto commissionato dal ministero dell'Ambiente tedesco. Lo studio, realizzato dai fisici Gerhard Knies e Franz Trieb, due membri del Trec, un consorzio di ricerca per la cooperazione tra Europa e paesi del bacino del Mediterraneo nello sviluppo delle fonti rinnovabili, sottolinea però che per raggiungere l'obiettivo è necessario puntare sul solare termodinamico, realizzando una serie di centrali nelle zone desertiche del Nordafrica e una rete elettrica a corrente continua.
"In un anno ogni chilometro quadrato di deserto - spiega Franz Trieb - riceve l'energia solare equivalente a un milione e mezzo di barili di petrolio. Moltiplicando questa potenzialità per le aree desertiche della Terra otteniamo un totale di energia pari a qualche migliaia di volte l'attuale consumo energetico mondiale. Questa energia può essere catturata usando degli specchi per concentrare la luce solare e trasformarla in calore".
Le centrali invocate dallo studio non utilizzano infatti i consueti pannelli fotovoltaici che siamo abituati ad associare all'energia solare, ma il sistema termodinamico. Grandi superfici coperte da specchi trasformano la luce del sole in calore che a sua volta riscalda ad altissime temperature (circa 400 gradi) un liquido o un gas che crea vapore in grado di mettere in moto delle turbine di tipo convenzionale.
Si tratta di un sistema che ha diversi vantaggi. Innanzitutto quello di poter continuare a produrre corrente anche nelle ore notturne grazie alla "forza d'inerzia" della sostanza riscaldata. I curatori dello studio sottolineano poi che queste centrali, se costruite nei pressi del mare, possono alimentare dei desalinatori in grado di fornire acqua con cui coltivare la terra all'ombra degli specchi.
I limiti del solare termodinamico sono invece legati alle grandi dimensioni richieste dagli impianti. Per questo motivo le possibilità di sviluppo nei paesi fortemente antropizzati come quelli europei è limitato, mentre nei deserti nordafricani avrebbero la loro collocazione ideale. Per i detrattori del solare questo è un ulteriore limite in quanto nel deserto l'energia non serve e trasportarla altrove è inefficiente. Tesi, quest'ultima, che Knies e Trieb nel loro studio negano seccamente.
"A differenza di quanto si ritiene comunemente - spiegano di due ricercatori - il progetto di alimentare l'Europa con questo tipo di tecnologia è assolutamente realizzabile e vantaggioso dal punto di vista economico. Grazie alle moderne linee di trasmissione a corrente continua ad alto voltaggio, solo il 3% circa della potenza va perduta per ogni 1000 chilometri di rete. Questo significa che si potrebbe portare questa energia dall'Africa del Nord a Londra con perdite del 10%, molto meno delle dispersioni tra il 50% e il 70% che hanno caratterizzato per molti anni la trasmissione delle centrali convenzionali a carbone".
"Considerando anche i costi di trasmissione - spiega ancora Trieb - abbiamo calcolato che per l'Europa l'energia solare sarebbe una delle forme di approvvigionamento più economiche". Senza contare i vantaggi politici e ambientali dello sganciarsi da fonti inquinanti e dal prezzo volatile come petrolio e gas naturale. Per questo il rapporto raccomanda ai paesi europei di avviare una collaborazione con gli stati dell'Africa settentrionale e del Medio Oriente per creare insieme una rete elettrica ad alto voltaggio per la corrente continua per condividere insieme i vantaggi di una vasta produzione di energia pulita.
Il problema per realizzare questo ambizioso obiettivo è come al solito di volontà politica. Si tratta di credere in questo progetto, di sostenerlo e di finanziarlo. L'Italia in questo senso non ha assolutamente le carte in regola. Una buona parte della ricerca sul solare termodinamico è infatti "Made in Italy", grazie alle intuizioni del premio Nobel Carlo Rubbia. Quando si è trattato di passare da un prototipo realizzato nel centro Enea della Casaccia a uno su scala produttiva a Priolo, in Sicilia, la fiducia nel grande fisico è venuta però meno. Con il risultato che ora Rubbia si è trasferito in Spagna dove sta progettando una centrale nei pressi di Granada.