ARCHEOLOGIA - Australia, ritrovate impronte umane di 22mila anni fa. Centinaia di orme "fossilizzate" nel letto di un lago asciutto: è il ritrovamento più antico del continente "nuovissimo". Tra i camminatori c'era un invalido: testimonia l'esistenza di forme di solidarietà sociale all'interno del gruppo.
Centinaia di impronte di piedi umani, nel letto di un lago asciutto in una zona desertica dell’Australia. Per i ricercatori, che hanno datato le orme, una scoperta sensazionale: risalgono a 22mila anni fa. Sono le più antiche mai scoperte nel Continente ingiustamente definito “nuovissimo” (per gli europei che lo hanno scoperto nel ‘700, non per gli aborigeni evidentemente). Inoltre è il più grande insieme di questo genere che esista al mondo, almeno a quanto se ne sa finora.
La scoperta è avvenuta nel parco nazionale di Mungo, nel letto del lago fossile chiamato Willandra, 800 km a ovest di Sydney. Sono 457 orme impresse da bambini, adolescenti ed adulti nel pieno dell'ultima era glaciale, mentre correvano e camminavano attraverso un'area di creta umida. Alcuni andavano a caccia, fra questi un uomo alto due metri che correva a 20 km l'ora. Nell'area vi sono anche impronte di canguro e di emù, l'uccello senza volo simile allo struzzo, e buchi che potrebbero essere stati prodotti da lance conficcate nel terreno.
Vi sono anche le orme di un uomo con una gamba sola, che copriva una certa distanza senza segno di bastone o di aiuto di altri. Segno quest’ultimo che rivela la presenza di forme di solidarietà nei confronti degli anziani e degli invalidi nel gruppo umano responsabile delle tracce. Le prime impronte furono individuate due anni fa da una donna aborigena, Mary Pappin, un'anziana della locale tribù Mutthi Mutthi, e le altre sono state poi scoperte da un'equipe di archeologi guidata dal prof. Steve Webb della Bond University del Queensland, che ha pubblicato in internet i dati di 124 di esse, in attesa di pubblicazione sul Journal of Human Evolution (www.sciencedirect.com).
Le orme, di misura variante fra 13 e 30 cm e profonde fino a 15 mm, furono impresse in creta umida mista a sedimenti, contenente carbonato di calcio che si è poi indurito come cemento. Sono state poi ricoperte e protette nei millenni da uno strato di creta e di sabbia portata al vento. Gli scienziati le hanno datate usando una tecnica conosciuta come “luminescenza otticamente stimolata della sabbia”. La scoperta afferma il prof. Webb offre una visione unica della vita degli aborigeni che abitavano allora l'arido entroterra del continente.
"E' come un'istantanea di un tempo lontanissimo. Riporta in vita queste persone in una maniera che nessuna altra evidenza archeologica può fare. Si può persino vedere come il fango si infilava fra le dita dei piedi". Gli studiosi hanno potuto stimare l'altezza delle persone dalla misura del piede, e la velocità dalla lunghezza dei passi. "Erano atletici, molto forti ed in buona forma fisica. Crediamo che la gente di questa zona fosse molto simile. I resti umani più antichi trovati in Australia risalgono a 40 mila anni fa - ha ricordato Webb - e sono stati trovati nel letto del lago Mungo, non lontano da dove sono state scoperte le impronte. Mary Pappin ha detto che camminare a fianco delle orme era come "camminare con un nostro gruppo familiare di oggi. Loro e noi siamo la stessa gente", ha aggiunto con comprensibile orgoglio. Ha aggiunto di credere che le orme siano state rivelate da sotto le dune di sabbia "per far sapere al resto del mondo quanto intelligente fosse davvero la nostra gente, capace di vivere e sopravvivere in quell'ambiente".
L'area era allora un'oasi nel deserto ed i laghi ora asciutti: contenevano pesci, crostacei e molluschi. Forse anche un po’ della solidarietà di quella gente “primitiva”, straordinaria se si pensa alla loro povertà materiale, si è prosciugata col passare dei millenni.